by Sergio Segio | 30 Settembre 2012 6:45
Il magazine francese Nouvel Observateur ha lanciato l’allarme in prima pagina: «Sì, gli ogm sono veleno». E la notizia ha fatto subito il giro del mondo. Riguarda la pubblicazione di uno studio effettuato da un gruppo di ricercatori francesi coordinati da GillesEric Sèralini dell’università di Caen che dimostra la tossicità del mais transgenico Nk603 e dell’erbicida Roundup, entrambi prodotti dalla Monsanto. Secondo lo studio sviluppano danni a reni e fegato, alterano i parametri ematici e provocano formazioni cancerose alle ghiandole mammarie. La Russia ha già bloccato l’importazione dell’Nk603. La Ue, che ne aveva autorizzato il consumo, dovrà ristudiare il caso. In Francia il dibattito sugli organismi geneticamente modificati si è infiammato. In Italia quasi non se ne parla. Ne parliamo, invece, con Fabrizio Fabbri, direttore scientifico della Fondazione “Diritti Genetici”, residente a Bruxelles. Quali sono i punti forti e i punti deboli di questo studio? Sèralini ha studiato i topi per tutta la loro vita, ovvero per due anni. Invece gli studi che vengono allegati alle richieste di autorizzazione per la messa sul mercato del prodotto, sia in America che in Europa, si basano su un periodo di 90 giorni. E poi si tratta di uno studio indipendente. Invece le autorità europee per concedere l’ok si basano solo sulle indagini effettuate dalle stesse aziende produttrici, ma non realizzano studi super partes. Sèralini chi è, e chi lo ha finanziato? L’hanno finanziato Carrefour e Auchan . E’ un personaggio discusso perché ha avuto il merito di muoversi sempre in modo indipendente dai giganti del biotec. Quali sono gli elementi deboli di questa ricerca? Lo studio si è dato come obiettivo quello di analizzare l’effetto combinato dell’ogm e dell’erbicida ad esso abbinato. Il mais Nk603 ha la caratteristica di essere resistente all’erbicida Roundup di Monsanto, i due prodotti vengono usati insieme con il risultato che alla fine sono presenti entrambi nei prodotti alimentari. Sèralini ha diviso quattro gruppi di cavie, uno di controllo alimentato con mais non gm e senza erbicida, uno alimentato con il solo ogm, uno alimentato con il solo erbicida diluito in acqua, e infine all’ultimo gruppo sono state somministrate varie dosi dei due prodotti combinati. Questa scelta ha il pregio di ricreare in laboratorio le condizioni più realistiche presenti nei prodotti in commercio, ma ha una debolezza: i gruppi di cavie una volta divisi non erano molto numerosi. Inoltre il tipo di topi usati, soprattutto le femmine, è naturalmente predisposto a sviluppare tumori alle ghiandole mammarie. Questo vuol dire che non è uno studio valido? Al contrario, comunque i tumori sono aumentati, inoltre i danni ai reni e al fegato e le alterazioni ematiche sono certi. Ovviamente però si tratta solo di un punto di partenza che richiede di essere approfondito con ricerche ad hoc. Mi spiego. La maggiore difficoltà di questa ricerca è che ha tentato di rispondere a tanti interrogativi contemporaneamente. Il suo merito è che così facendo ha messo in luce molti aspetti problematici. A questo punto, però, bisogna prendere ogni singolo aspetto e studiarlo in modo specifico. Non si tratta né di buttare tutto nel cestino, né di prendere questi risultati come definitivi. Chi ha criticato la ricerca e con che argomenti? Per esempio un Science media center inglese ha raccolto il parere di 10 esperti che hanno avanzato dubbi. Il problema, però, è che questo istituto in parte è finanziato dalle stesse multinazionali del biotec e molti di questi esperti lavorano nel business degli ogm. Monsanto, invece, ha fatto addirittura rilievi non solo scientifici che al di là del merito puntano a mettere in dubbio le competenze dei ricercatori e addirittura avanzano l’ipotesi di un conflitto di interessi dell’equipe di Sèralini che sarebbe legata al settore delle piante omeopatiche. Come si può ottenere una valutazione non contaminata dagli interesse di parte? Questo è il punto. Ci vogliono autorità pubbliche veramente indipendenti che finanzino studi ben fatti. Purtroppo nel 1991 l’Ocse ha chiesto di semplificare le pratiche di autorizzazione degli ogm perché le ritenevano troppo costose sia in termini di soldi che di tempo. Questo ha causato una reazione a catena per cui ogni produttore tende a dire che il suo ogm è omologabile a quelli già autorizzati e gli studi sui nuovi prodotti sono molto ridotti e con un limitato controllo delle autorità pubbliche. Adesso che succederà ? Dopo il blocco delle importazioni in Russia, in Francia stanno creando un apposito gruppo di studio. A livello europeo invece la palla passa all’Efsa (l’autorità europea di controllo sugli alimenti). Il problema però è che anche l’indipendenza di Efsa è molto dubbia. Molti autorevoli esponenti di Efsa lavorano o hanno lavorato per associazioni e aziende legate ai produttori. L’unico ogm la cui coltivazione è autorizzata in Europa, il mais Mon810, è stato promosso da Efsa nonostante Monsanto abbia tenuto nascosto uno studio su quel prodotto. Efsa, infatti, non ha mai bocciato nessun ogm, neppure la patata Amflora che anche l’Oms aveva giudicato causa dello sviluppo di resistenze verso gli antibiotici. E intanto il mais studiato dai francesi ce lo possiamo trovare nel piatto. E in Italia a che punto siamo? Riguardo all’Nk603 il ministro dell’agricoltura si è limitato a demandare la questione al ministero della salute. Più in generale il governo Monti non prende una posizione netta sugli ogm. Da noi gli ogm possono essere contenuti nei prodotti alimentari e nei mangimi per animali, ma di fatto non possono essere coltivati anche se approvati dall’Ue. Mancano le regole sulla coesistenza tra colture gm e gm free . Si tratta di quelle norme che tutelano i coltivatori che non vogliono usare semi transgenici e rischiano di essere contaminati dalle piante gm coltivate nei campi vicini. Una convivenza che, vista la struttura del nostro territorio, è di fatto impossibile. E infatti le regioni che hanno il compito di fissare questi parametri non si decidono da anni. La Corte europea, però, un mese fa ha detto che l’Italia su queste base non può rifiutare la coltivazioni di ogm già autorizzati dall’Ue. E non ha tutti i torti. Per questo molti paesi, come ad esempio Francia, Austria, Ungheria, Grecia, hanno già fatto ricorso alla cosiddetta clausola di salvaguardia, ovvero alla possibilità dei singoli stati di non ammettere un ogm sulla base di studi e ricerche nazionali. L’Italia e il governo Monti però non si vogliono assumere la responsabilità di prendere questa iniziativa. Si tratta non solo di tutelare la salute dei consumatori che gli ogm proprio non li vogliono, ma anche l’economia e l’ambiente italiani che non sono compatibili con colture estensive che puntano tutto sulla quantità della produzione e non sulla qualità .
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Unione europea / TRANSGENICO SàŒ O NO?
Scontro sul Mir 162, importazione al palo
Nessun accordo. I 27 Stati membri dell’Ue non sono riusciti a pronunciarsi sull’autorizzazione o meno all’importazione in Europa del mais transgenico Mir 162 del gruppo Syngenta, destinato all’alimentazione umana e alla produzione di mangimi. E proprio sul fronte dell’autorizzazione lo scontro tra favorevoli e contrari è diventato rovente dopo la pubblicazione dello studio-shock dello scienziato francese GillesEric Seralini, sulla tossicità potenziale di un’erbicida contenente glifosato e del mais Ogm Nk603 resistente al glifosato. In particolare Seralini ha rimesso in discussione la durata dei test di valutazione scientifica dell’Efsa, considerati troppo brevi. E proprio l’Efsa ha annunciato che la prossima settimana pubblicherà le valutazioni preliminare sullo studio francese. La situazione è dunque di stallo. Dopo il mancato accordo tra i 27, come da prassi, il dossier torna alla Commissione Ue che deciderà se dare o meno il via libera definitivo alla sua proposta. Da parte sua la Commissione europea ieri ha ribadito che il mais Ogm Mir 162 ha ricevuto il parere favorevole dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) nel giugno 2012. Il Comitato europeo di appello sull’autorizzazione agli Ogm, ha quindi confermato – rispetto al mais Mir162, la posizione a cui era giunto lo scorso 10 settembre il Comitato permanente europeo per la catena alimentare e animale. Anche in quell’occasione i 27 non avevano raggiunto nessun parere – favorevole o contrario – sulla proposta di Bruxelles.
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