Peà±a Nieto, «presidenziali valide»
Proprio come nel 2006, sette giudici si sono sostituiti a più di 70 milioni di elettori e venerdì hanno deciso, con l’autorità di una sentenza inappellabile, chi sarà il presidente del Messico fino al 2018.
Le prove di brogli presentate dalla coalizione di sinistra, che chiedeva di invalidare le elezioni presidenziali del 1 luglio scorso sulla base di gravi irregolarità , sono finite nel cestino del Tribunal Electoral del Poder Judicial de la Federacià³n (Trife), massimo arbitro in questioni elettorali, “dopo un accurato e minuzioso esame”. I tre partiti del Movimento Progressista, che sosteneva per la seconda volta la candidatura di Andrés Manuel Là³pez Obrador (Amlo), avevano presentato più di 350 ricorsi corredati da prove, ma i giudici le hanno ritenute “argomenti vaghi, imprecisi e generici”.
L’elezione è stata dichiarata valida e Enrique Peà±a Nieto presidente eletto, che entrerà in carica il prossimo 1 dicembre.
Eppure nella lista delle “irregolarità ” commesse dal Pri, il Partido Revolucionario Institucional, per riconquistare la presidenza perduta nel 2000, figurano la compera e la coazione del voto su grande scala, i falsi sondaggi d’opinione, l’intervento indebito dei governatori, i servizi pagati e manipolati di Televisa, i finanziamenti illeciti, il riciclaggio di capitali. I calcoli più realistici stimano sull’ordine dei 300 milioni di euro le spese di campagna del Pri, una cifra che fa di questa vittoria elettorale la più cara nella storia del Messico, specie se si considera che il tetto legale della spesa per partito era di circa 20 milioni.
Ce n’era abbastanza per dubitare che le elezioni di luglio siano state “libere e autentiche”, come prescrive l’articolo 41 della Costituzione, invocato dalla coalizione di sinistra. Ma i giudici non hanno visto niente e hanno consegnato la certificazione di presidente eletto a Enrique Peà±a Nieto, che è andato a ritirarla in elicottero nella sede del tribunale elettorale, blindato per l’occasione da barriere metalliche e decine di poliziotti in divisa e militari in borghese.
Le proteste non si sono fatte aspettare. Fin dal pomeriggio di venerdì, centinaia di manifestanti si sono radunati per protestare contro una sentenza che rappresenta un grave colpo per la giustizia e la democrazia. All’annuncio del verdetto, migliaia di giovani del movimento ‘Yosoy132’, formato da 200 assemblee studentesche, hanno inscenato una “marcia funebre” che è partita dalla città universitaria in direzione al tribunale. Nel fine settimana, in decine di città si è manifestato contro l’imposizione di Peà±a Nieto e un’elezione ritenuta fraudolenta dalla maggior parte dell’elettorato.
Sabato 1 settembre, con una seduta congiunta delle due camere nella sede del Congresso, si è aperta ufficialmente la 62ª legislatura, in un’atmosfera tutt’altro che serena: a parte l’assenza di un centinaio fra deputati e senatori, i rappresentanti della sinistra hanno occupato la tribuna protestando con slogan e cartelli contro la sentenza del supremo tribunale elettorale. Mentre dai seggi del Pri si lanciava il grido “Peà±a! Peà±a!”, i parlamentari della sinistra rispondevano con “Frode! Frode!”.
In tutto questo, l’ultimo Informe annuale del presidente Calderà³n alla nazione, che si presenta tradizionalmente il giorno di apertura del nuovo Congresso, è passato inosservato. Anche perché una volta era lo stesso presidente che leggeva un discorso di fronte ai parlamentari, che replicavano poi attraverso un portavoce, ma dai tempi della presidenza di Vicente Fox (2000-2006), a cui fu negato l’ingresso in aula dai deputati dell’opposizione, l’Informe viene consegnato per iscritto dal ministro degli interni. Al voluminoso fascicolo – quasi un metro cubo – presentato dal ministro Alejandro Poiré, nessuno ha dato lettura.
Molta più diffusione, grazie alle reti sociali, ha avuto il Contrainforme redatto dal movimento ‘Yosoy132’ (che si può leggere in originale in www.yosoy132media.org): “Sono passati sei anni da quando si è insediato Felipe Calderà³n, sei anni di menzogne e promesse false, di simulazione, corruzione, complicità e di uno stato d’eccezione che ci hanno imposto. Sei anni in cui abbiamo visto un presidente codardo parlare di coraggio, mentre noi, la società , mettevamo i morti, i rifugiati, i sequestrati, i vessati dalle autorità . Sei anni, come sempre, di ricchezza oscena per alcuni, mentre noi abbiamo fame, siamo esclusi, disoccupati, siamo giovani senza opportunità , sei anni in cui siamo stati derubati della nostra terra e delle nostre risorse naturali. Sei anni in cui hanno voluto che vedessimo un Messico che esiste solo come versione ufficiale.”
L’animo predominante fra gli elettori che si sentono defraudati è quello della resistenza e lo stesso Là³pez Obrador, lungi dal disarmare e forte dei suoi 16 milioni di voti, ha convocato a un’assemblea popolare nello Zocalo, la grande piazza della capitale, per domenica 9 settembre. Amlo ha già dichiarato che non riconosce Peà±a Nieto come presidente legittimo e ha annunciato un piano di disobbedienza civile da definire domenica prossima. “Per quanto continuino ad attaccarci”, ha detto, “accusandoci di essere dei cattivi perdenti, dei pazzi, messianici, affamati di potere, preferiamo questi insulti a convalidare o far parte di un regime ingiusto, corrotto e basato sulle complicità , che sta distruggendo il nostro paese.”
Agli antipodi del trionfalismo del presidente uscente, che invade l’etere con spot autoelogiativi, la frustrazione e il malessere della società civile sono raccolti eloquentemente dall’editoriale domenicale del quotidiano La Jornada: “Il ricordo del sessennio che sta per concludersi resta irrimediabilmente legato alle decine di migliaia di morti causati dall’esplosione di violenza provocata a sua volta dall’attuale strategia poliziesca e militare; all’aumento e all’espansione del potere delle organizzazioni criminali; al degrado dei corpi di pubblica sicurezza; all’arbitrarietà e all’impunità con cui le forze dell’ordine calpestano le garanzie individuali e i diritti umani; alla generalizzazione delle estorsioni ai cittadini da parte della delinquenza organizzata; al riciclaggio di denaro e al traffico irrefrenabile di sostanze illecite; agli omicidi di giornalisti; alla persistente epidemia di femminicidi in vari punti del paese; alla proliferazione di sequestri, massacri, mutilazioni.”
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