by Sergio Segio | 20 Settembre 2012 9:54
Wall Street[1] viene invasa dai manifestanti che poi si accampano all’ormai famoso Zuccotti Park. Assemblee, dibattiti, qualcuno di loro era stato a Madrid e aveva riportato il funzionamento delle “acampadas” e così – accampati – sono andati avanti per oltre due mesi, all’interno di un vero a proprio villaggio ideale, almeno fino allo sgombero da parte della polizia a novembre. Oggi sono in molti a sostenere che il movimento è al tramonto, disorganizzato, senza obiettivi concreti e che sia stato solo un grande show mediatico durato qualche mese. In realtà i sostenitori del movimento hanno continuato a riunirsi e a discutere, a usare la rete per scambiarsi opinioni e informazioni, e sopratutto la parola Occupy è stata poi seguita da innumerevoli altre città , non solo negli Stati Uniti. Ma spesso senza le telecamere, che si accontentano di iniziative eclatanti per poi puntare i riflettori su qualcos’altro. Lo scorso lunedì molti hanno tentato di tornare davanti alla sede della New York Stock Exchange, ma stavolta la polizia li ha anticipati impedendone l’accesso e arrestando oltre cento manifestanti che provavano a forzare gli accessi al quartiere.
Durante quest’anno però a favore o meno di telecamera sono successe tante cose che fanno pensare che il movimento, e non solo Occupy, sia più vivo e attivo che mai. Le manifestazioni degli studenti in Cile che chiedono un’istruzione di qualità gratuita, quelli del Messico che poco prima delle elezioni presidenziali è confluito nel movimento Yo soy 132[2] per denunciare lo strapotere di alcuni media, capaci di influenzare le masse, gli studenti canadesi[3] che continuano a protestare contro l’aumento delle tasse universitarie. Ma proteste si sono registrate anche in Russia, compresa quella in sostegno delle componenti del gruppo Pussy Riot. In Cina e in particolare a Hong Kong pochi giorni fa è stato sgomberato l’accampamento di Occupy, fuori dalla sede centrale del gruppo bancario HSBC.
Mentre in Europa in Spagna, Grecia e Portogallo si sono tenute manifestazioni contro le misure di austerity chieste dall’Ue. Insomma gli indignati del mondo ci sono e se anche non hanno ancora ottenuto risultati concreti, già prendere coscienza del fatto che questo sistema non funziona è un risultato. Sopratutto se le proteste e le grandi manifestazioni sembravano essere anestetizzate da una criminalizzazione sempre più persistente, un solo esempio, quello di Genova[4] aiuta a capire perché dopo Seattle[5], sia stato così difficile scendere in piazza/strada per quasi un decennio. Ma lo scorso 15 ottobre[6] da oltre 900 piazze del mondo è arrivato un segnale forte che ha fatto pensare che quel 99% esiste davvero. E dalla festa di compleanno newyorkese è stato lanciato un nuovo appuntamento globale: 13 ottobre 2012 Global Noise[7]. Stavolta i manifestanti, sulla scia delle proteste del 2001 in Argentina[8] conosciute come il cacerolazo, sbatteranno le pentole per strada, mirando ad attirare l’attenzione delle istituzioni ma anche a coinvolgere quelli che fino ad ora non credevano che la crisi sarebbe durata così a lungo, e sopratutto che nessuno finora sia stato in grado di dare soluzioni.
Elvira Corona[9] (autrice di Lavorare senza padroni[10], Emi edizioni)
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