Opg addio, ma ”la scadenza è un’utopia”. Il caso di Reggio Emilia
REGGIO EMILIA – Ci sono due novità nella partita del superamento degli Ospedali psichiatrico giudiziari (Opg), che la legge numero 9 del febbraio scorso impone di chiudere entro marzo 2013. La prima è che la nuova struttura sanitaria che sostituirà l’Opg di Reggio Emilia accogliendo i pazienti di tutta la regione, sarà aperta sempre nella città del Tricolore. La seconda è che, nonostante i finanziamenti statali stanziati siano “adeguati” e pronti all’uso, il termine previsto dalla normativa sarà difficilmente rispettato. Lo ha reso noto oggi l’assessore regionale alla Sanità Carlo Lusenti, intervenendo a un convegno a Reggio, organizzato nell’ambito della settima edizione della ‘Settimana della salute mentale’. “Dove si farà la struttura mi sembra una discussione conclusa: si fa dove si forniscono servizi efficienti. Ho già parlato col sindaco di Reggio (Graziano Delrio) per trovare un’area”, dice Lusenti. L’assessore regionale motiva la proposta citando i risultati positivi raggiunti dall’ospedale reggiano (accorpato al carcere) dove “ero convinto di trovare una situazione simile a quella di due anni fa – dice Lusenti – invece nel bacino reggiano sono stati fatti significativi passi in avanti per la tutela della salute mentale e fisica dei detenuti come l’aumento dei professionisti da 43 a 73, l’apertura delle celle in orario diurno in 4 reparti su cinque e la predisposizione di strumenti per l’incentivo alle dimissioni”. C’è un numero poi che più di
altri sembra indicare Reggio come la sede ottimale per la nuova struttura, che avrà un fabbisogno stimato di 40 posti. Dal 2010 al 2011 infatti, i pazienti sono scesi da 225 a 84, dei quali solo 28 emiliano-romagnoli contro gli 86 dell’anno precedente.
Quindi, spiega Lusenti, “se oggi dovessimo entrare a regime lo faremmo senza difficoltà ”. Quanto alle risorse, l’assessore spiega che sono “sufficienti, quantitativamente adeguate”. Inoltre, su pressione delle Regioni, il Governo ha acconsentito a una deroga rispetto ai normali meccanismi di erogazione nella sanità seguendo i quali le nuove strutture non sarebbero state pronte prima di 3 anni. E tuttavia, dice Lusenti, “vorrei che fossimo i primi a fare le strutture per superare gli Opg, ma pensare che saranno pronte tra 6 mesi mi sembra una utopia positiva, per quanto condivisibile”. Se i tempi sono stretti si è però già a buon punto: nella prossima conferenza Stato Regioni verrà approvato il “decreto sui requisiti”, mentre la Regione ha già presentato al ministero un progetto per uno studio di fattibilità , il cui termine era il 15 settembre. La responsabile del servizio di salute mentale della Regione Mila Ferri spiega infatti: “Abbiamo già presentato al ministero il progetto perché c’era una scadenza entro il 15 settembre per la presentazione di uno studio di fattibilità di queste strutture. Quindi abbiamo un progetto che naturalmente è sia di tipo strutturale sia sia soprattutto organizzativo. Noi pensiamo a superare gli Opg attraverso la presa in carico dei nostri residenti emiliano-romagnoli e stimiamo un fabbisogno di 40 posti perché oggi in Opg siamo a 28 emiliano-romagnoli, più qualche persona senza fissa dimora, più le donne a Castiglione delle Stiviere, quindi il nostro fabbisogno è questo suddiviso in due strutture: una più intensiva per l’accoglienza, l’altra più riabilitativa”.
Insomma, conlcude Ferri, “siamo a buon punto, certamente è ipotetico immaginare che a marzo 2013 sarà pronta la struttura, ma questo vale per tutta Italia. L’importante è essere partiti con il percorso progettuale avviato”. Rispetto alla situazione nazionale Lusenti evidenzia però un rischio derivante dal fatto che “dobbiamo realizzare 21 strutture in 21 regioni, la maggior parte delle quali non sa cos’è un Opg e non ha uniformato i suoi servizi per questo tipo di pazienti, anzi in alcuni casi non ha servizi decenti”. La preoccupazione dell’assessore è quindi che in Emilia-Romagna continuino ad arrivare lo stesso i pazienti “storici” dalla Lombardia, ma che vengano accolti in strutture diverse creando una disparità di trattamento. “La Lombardia ha 240 pazienti, se non riuscirà creare i servizi adeguati, il rischio che io vedo è che avremo una sorta di doppio regime: una struttura nuova per gli emiliano-romagnoli, e una struttura vecchia e residuale per gli
altri. Sarebbe un passo indietro mostruoso”. (Dire)
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