Onu, show di Netanyahu sulla Bomba “L’Iran è come Al Qaeda, va fermato”

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NEW YORK. LA LINEA rossa di Obama è troppo sottile per Netanyahu. Il premier israeliano ringrazia il comandante in capo d’America per l’inasprimento delle sanzioni contro l’Iran: ma gli rinfaccia che quello che sta facendo non basta.
«È TARDI», dice, gli ayatollah potrebbero «essere in grado di dotarsi dell’atomica entro la prossima estate o primavera, entro un anno, forse anche meno, forse anche qualche mese». E se il Presidente si ostina a non capirlo ecco qui un bel grafichetto. «Ho portato un diagramma» dice, mostrando proprio un disegno della bomba, come quelli che si vedono nei fumetti, con il nucleo diviso in tre spicchi. Il primo mostra la prima fase e copre due terzi della bomba disegnata: «E questa è la parte che hanno già  completato». Il secondo spicchio mostra la seconda fase, quella che porta al 90 per cento di atomica: «Sono entrati già  in questa». La terza fase è lo spicchio finale, quello prima dello scoppio. Ed è qui che in diretta, nell’assemblea generale dell’Onu, Netanyahu traccia letteralmente con un pennarello la sua linea rossa: dobbiamo fermarli prima che entrino qui.
Non è un colpo di teatro: è l’ultimo tentativo di convincere il mondo, e soprattutto l’amico americano, che l’Iran si deve fermare «prima che riesca ad arricchire l’uranio». Netanyahu ringrazia Obama per aver detto due giorni fa, proprio qui, che gli Usa non tollereranno mai un Iran atomico. Ma chiede appunto «una chiara linea rossa»: come quella, riconosce, tracciata dagli Usa inviando la flotta nel Golfo dopo le minacce degli ayatollah di bloccare lo stretto di Ormuz. Il leader israeliano non può rompere con Obama ora che sembra fra l’altro destinato a restare altri quattro anni a Washington: e il tono del discorso è sembrato molto più conciliante rispetto alle asprezze degli ultimi tempi. Perfino le polemiche sul mancato incontro a due — Barack, per gli impegni elettorali, non si è concesso nessun bilaterale — sono state superate da una lunga telefonata. Ma non basta: «La questione non è quando l’Iran potrà  ottenere la bomba: è a che stadio saremo in grado di fermarlo».
È già  troppo tardi, insiste Bibi. E denuncia apertamente chi continua a dire che permettere un Iran dotato di atomica sia, alla fine, il miglior deterrente contro il suo uso. Sbaglia, dice, chi riporta l’esempio della Russia sovietica. Tra ideologia e sopravvivenza, ricorda, i russi scelsero sempre la seconda. L’Iran già  adesso sforna centinaia di kamikaze: permettere agli ayatollah che si dotino dell’atomica sarebbe come permetterlo ad Al Qaeda, agli islamisti che vivono ancora nel medioevo ideologico mentre Israele e il resto del mondo rappresentano la modernità .
E in quale era dell’umanità  Netanyahu incasella invece la Palestina? Il presidente dell’Anp, Mohammed Habbas, ha detto pochi minuti prima che proprio Israele sta spingendo la sua gente «verso la catastrofe», lo ha accusato di «razzismo», ha denuncia le violenze nei Territori e in Gerusalemme Est. «Non c’è altra patria per noi che la Palestina» ha detto tra gli applausi «e non c’è altra terra per noi che la Palestina ». E ha rilanciato il cosiddetto piano B alla dichiarazione di statalità , la richiesta all’Onu — ipotizzata già  lo scorso anno — di riconoscerlo come «Stato non membro». Netanyahu raccoglie a metà . Ricorda che il futuro è in «uno Stato palestinese demi-litarizzato che accetti uno e un solo Stato ebraico d’Israele». E mette in guardia: «Non risolveremo i nostri problemi con discorsi calunniosi e dichiarazioni unilaterali sulla statalità  ». Però lo sa benissimo che i problemi di Israele, oggi, sono altri. E che prima dei confini con la Palestina c’è ben altra linea rossa da tracciare.


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