Obama al contrattacco “Da Romney solo promesse oggi l’America è più sicura”

by Sergio Segio | 1 Settembre 2012 6:39

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TAMPA – «Mister Romney reinventa la storia», è il titolo severo dell’editoriale del New York Times che denuncia le bugie del candidato repubblicano. Alla promessa dai toni “berlusconiani» su 12 milioni di nuovi posti di lavoro che il piano Romney-Ryan saprebbe generare in 4 anni, la Casa Bianca ribatte: «L’unica certezza è che Mitt Romney vuole ridurre le tasse sui ricchi, smantellare il Welfare, privatizzare anche l’assistenza sanitaria agli anziani (Medicare)». «Oggi l’America è più sicura e rispettata – ha detto Obama replicando alle accuse di aver compromesso il ruolo di leadership degli Usa – Finire le guerre in Iraq e in Afghanistan in maniera responsabile ci ha reso più sicuri». E ora: tutti gli occhi puntati su Charlotte. Chiusa la kermesse repubblicana di Tampa, tocca alla convention democratica che si apre martedì nella città  della North Carolina. A Mitt Romney gli osservatori danno voti più che sufficienti, è riuscito soprattutto a far passare il suo messaggio più importante, e cioè che questa elezione deve essere un referendum sul presidente uscente. «Se siete contenti di come state oggi, se l’America vi sembra in buona salute, accomodatevi pure per Obama 2». Forte della sua performance di giovedì sera, Romney ha deciso un fuori programma significativo: un’improvvisa visita a New Orleans, dove lunedì andrà  anche Obama. Scampato il pericolo dell’uragano Isaac, New Orleans resta un luogo-simbolo per la memoria di Katrina. È a New Orleans 7 anni fa che l’ultimo presidente repubblicano, George Bush, diede prova di disastrosa incompetenza e di indifferenza verso la tragica sorte dei suoi concittadini più poveri. Romney manda il messaggio opposto: lui è il chief executive che sa gestire le emergenze; è anche «il vero cristiano, attento ai bisogni dei più deboli» (un messaggio reiterato nella cerimonia di chiusura a Tampa, per fugare i dubbi sulla «diversità » religiosa del primo candidato mormone nella storia). Da dove parte la controffensiva democratica? Il battage pubblicitario di Tampa ha colto un elemento vero riassunto in questa frase del candidato repubblicano: «Rispetto al clima che abbiamo tutti sentito nel 2008, oggi la delusione è totale». È una diagnosi che si applica anche a una parte dell’elettorato democratico. La Casa Bianca si consola guardando alle cifre sull’audience televisiva che ha seguito Tampa, in pesante ribasso rispetto all’analogo evento di quattro anni fa. È notevole il confronto tra i due candidati vicepresidenti. Il discorso di Sarah Palin (la vice di John McCain) alla convention repubblicana nel 2008 fu seguito da 40 milioni di telespettatori, quello di Paul Ryan mercoledì sera ne ha attratti appena 22 milioni. Ma Charlotte rischia di dare risultati analoghi. La mancanza di pathos di questa elezione è un problema anche per i democratici. Nulla garantisce che i giovani, l’ala sinistra del partito, le minoranze etniche, vadano a votare così massicciamente come lo fecero quattro anni fa quando «Speranza e Cambiamento» erano gli slogan del primo candidato afroamericano. È ingeneroso l’altro giudizio di Romney, quello in cui ha accostato «Barack Obama a Jimmy Carter, gli unici due presidenti che all’elezione per un secondo mandato non hanno potuto dire agli elettori: state meglio di quattro anni fa». A differenza di Carter, infatti, Obama ha ereditato dalla destra la più grave crisi economica dopo la Grande Depressione. E tuttavia quattro anni sono tanti, ormai questa crisi «gli appartiene». L’elettorato ha memoria corta; e comunque non è un argomento forte dire che «le cose potevano andare peggio, senza le politiche di sostegno alla crescita di Obama». Il «meno peggio» non trascinerà  alle urne i giovani e gli scontenti il 6 novembre. La bugia di Romney che viene denunciata dal New York Times, è la frase più volte ripetuta dal candidato repubblicano: «Quattro anni fa ho auspicato anch’io che Obama ce la facesse, perché amo l’America». Non fu così. I tentativi del presidente di aprire un dialogo bipartisan, di trovare larghe intese per uscire dalla crisi, si scontrarono con un ostruzionismo intransigente della destra. Si trasformò in sabotaggio dal novembre 2010 quando la destra vinse le elezioni di mid-term e conquistò la maggioranza alla Camera, esercitando da quel momento un diritto di veto sistematico su ogni legge di spesa. Questo boicottaggio è un tema che Obama sfrutterà  a Charlotte, ben sapendo che il Congresso è molto più impopolare di lui. A posteriori, i due errori più gravi del presidente sono stati l’aver puntato troppo su una riforma sanitaria che ha assorbito l’intero biennio del suo massimo potere (con risultati finali a dir poco insoddisfacenti per il cittadino medio); e non avere riformato il finanziamento delle campagne elettorali, che ora gli si ritorce contro per la schiacciante superiorità  di fondi delle lobby versati a Romney. Ma le convention non sono i luoghi ideali per le autocritiche, e Charlotte non farà  eccezione.

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