by Sergio Segio | 10 Settembre 2012 7:18
CERNOBBIO — Alla fine di una tre giorni di incontri ad alto livello con i rappresentanti della nomenclatura europea, il premier Mario Monti, dal palco del Workshop Ambrosetti, pianta una bandierina che potrebbe tornar utile in futuro. «Abbiamo fatto inserire nell’arsenale Ue uno strumento per non far alzare lo spread dei paesi più virtuosi – ha detto nel suo intervento a Cernobbio – Non sarei però d’accordo a offrire il petto a nuovi strali di condizionalità . Un conto è condividere, un conto è perdere asimmetricamente la propria sovranità . In caso di aiuto non arriverà a Roma la Troika». In molti sono rimasti perplessi, perché ricordare un elemento del genere quando lo spread è sceso a quota 350 dopo la riunione della Bce di giovedì scorso che ha confermato l’intenzione di Mario Draghi di intervenire per attivare lo scudo anti spread qualora ve ne siano le condizioni? L’unica spiegazione è che il governo italiano non sia così fiducioso che le parole di Draghi siano sufficienti da sole a mantenere lo spread tra i Btp e i Bund a livelli accettabili per l’economia italiana. Sembra esservi la consapevolezza che prima o poi un intervento l’Italia dovrà chiederlo e a quel punto potrebbe partire un negoziato anche aspro su quali eventuali condizioni aggiuntive possano essere chieste dalla Bce per far scattare gli acquisti calmieranti sul mercato. Monti in pratica si sta posizionando in vista di un negoziato che non è ancora partito ma che non si può escludere possa realizzarsi nei prossimi mesi. «Chiedere aiuto alla Bce non è un dramma – ha aggiunto il ministro dell’Economia Vittorio Grilli – ma allo stato attuale non ne abbiamo bisogno e lo abbiamo già detto. Oggi lo stato della finanza pubblica, con un pareggio atteso nel 2013, fa sì che non vi sia bisogno di ricorrere a questo tipo di strumenti. In condizioni di mercato normali e tranquille non serve nessun aiuto». Già , ma la calma e la tranquillità non hanno dominato la scena nell’ultimo anno, dunque è lecito mettere le mani avanti nel caso tornasse la bufera. E certo non sarà bello, in caso di richiesta di aiuti alla Bce, farsi dettare una nuova agenda di interventi così come è successo un anno fa con la famosa lettera inviata al governo Berlusconi. O dover accettare in casa una troika come è successo in Grecia. Gli sforzi chiesti finora dal governo Monti ai cittadini sono stati presentati alla stregua di un investimento sul futuro dei propri figli e non come imposizioni della banca centrale europea o del Fondo monetario internazionale. Se questo paradigma si rompe allora non sarà facile garantire la tenuta della democrazia. «La democrazia si sta trasformando in creditocrazia », avrebbe detto ancora Monti, con ciò volendo sottolineare che la reputazione sul mantenimento dei conti pubblici si sta rivelando l’asset più importante di ogni singolo paese, e di ciò dovranno tener conto i partiti politici nella prossima campagna elettorale.
Per portarsi avanti il governo sta cercando di accelerare anche sul fronte dell’abbattimento del debito pubblico, il dato che più conta in questi momenti di crisi. «Dobbiamo verificare se è possibile fare più dell’1% all’anno – ha detto ancora Grilli – il piano è allo studio anche se si tratta di una strada complessa. Ci vuole la cooperazione degli enti territoriali. Se pensiamo solo al patrimonio immobiliare la grandissima parte degli immobili non è vuota né subito vendibile in quanto spesso occupata da uffici di governo». Il percorso è chiaro ma la strada ancora in salita.
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