Lo scempio è stato sventato

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Il governo ha infatti impugnato di fronte alla Corte costituzionale la riscrittura del «Piano casa» regionale. E non è, per sventura della ex presidente, la prima volta. Il 24 ottobre dello scorso anno un precedente articolato era stato impugnato da un governo «amico». Era stato infatti l’ex ministro Galan a esprimere giudizi feroci sulla legge impugnandola e ottenendo la sua cancellazione.
La giunta regionale avrebbe dunque potuto fare tesoro dell’accaduto e invece nulla: ha licenziato un testo che era ancora più confuso e più derogatorio rispetto al precedente.
Sarà  stato l’effetto delle feste o delle ostriche, ma la legge si beffava delle norme di tutela del paesaggio. Lo staff tecnico del ministro per i Beni culturali Ornaghi aveva censurato la legge perché ad esempio consentiva di costruire infrastrutture sciistiche anche in zone vincolate o di realizzare lungo i 360 chilometri di costa laziale tutte le 60 richieste di realizzazione di nuovi porti o di ampliamento di quelli esistenti, porti canale, turistici e marine presentate in questi ultimi anni. Consentiva cioè di realizzare un porto ogni sei chilometri di costa: uno scempio inaudito che non teneva conto che il Codice dei Beni culturali vincola le aree costiere italiane.
La regione Lazio attraverso il piano casa affidava a se stessa il potere di deroga: il federalismo fai da te, come l’abnorme rigonfiamento delle spese di rappresentanza votate a ripetizione. Ecco dunque la rotta di caporetto: non è vero che esisteva una giunta virtuosa e un consiglio di reprobi. Se i consiglieri regionali sperperavano il denaro pubblico nel modo che abbiamo conosciuto, i membri della giunta – pur potendo disporre di eccellenti giuristi in house – lo gettavano al vento per pagare profumatamente consulenti giuridici che, a giudicare dai risultati, forse non erano così brillanti. Si pensi che la precedente legge del 2011 era talmente confusa che la giunta regionale ha dovuto approvare dopo pochi mesi una «circolare esplicativa» di ben 20 pagine!
Ma al di là  delle questioni istituzionali, i piani casa regionali dimostrano ancora una volta la loro incapacità  ad affrontare le cause dalla crisi economica. Prendiamo i citati 60 porti su cui si voleva basare il rilancio degli investimenti. Era stato denunciato che non era attraverso la cementificazione delle coste che si poteva sperare in un futuro migliore, ma l’arroganza del potere ha voluto approvare lo stesso la norma. Il 25 settembre scorso, il Sole 24 Ore pubblica la denuncia effettuata da Assomarinas, e cioè l’associazione che raggruppa i porti italiani della nautica, che afferma che a causa delle crisi economica il quadro di riferimento è completamente cambiato. In una lettera al governo e ai presidenti della Regioni il presidente di Assomarinas dice che «la crisi del settore della nautica da diporto sta assumendo carattere strutturale con la tendenza a protrarsi per almeno 15 anni».
Bene ha fatto dunque il ministro Ornaghi ad impugnare una legge inutile e devastante: insieme alla Polverini e al consiglio regionale bisogna mandare in soffitta anche il piano casa regionale perchè era basato su una filosofia rozza e incapace di affrontare le sfide del futuro.


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