«Lotto per mio nipote Il fluoro e la pece sono meglio della fame»
Noi produciamo alluminio purissimo, noi produciamo l’alluminio per la Ferrari, percentuale 0,09 di ferro non so se mi spiego, i cerchi in lega e le testate dei motori del Cavallino nascono anche grazie al nostro lavoro, ma quello là , il volatile, il ministro Passera, fa finta di niente e parla tanto in giro di know how…». Un tiro di sigaretta, poi continua: «Io sono qui per mio nipote Matteo, che ha 7 anni, sono qui per assicurargli il futuro. Domenica pomeriggio mi ha stretto la mano prima che salissi sul pullman per Olbia e mi ha detto: nonno auguri, vedrai che vincerai. Mi sono uscite le lacrime, ma ho fatto di tutto per non farmi scoprire, poi ho abbracciato Marisa, mia moglie, e sono partito col mio tamburo di latta, il secchio della malta e della terra refrattaria che uso di solito quando lavoro, ma oggi in via Molise mi serve per suonare la musica della lotta, la musica degli operai del Sulcis che non ci stanno a perdere il lavoro. Perciò resistiamo, qui, a oltranza».
Intanto, Claudio Gambula, 46 anni, detto «Il guerriero» — perché non scherza — distribuisce a decine le magliette nere con la scritta bianca «10 settembre 2012 disposti a tutto», fatte confezionare personalmente da lui in un piccolo magazzino di Carbonia. Da 25 anni Gambula lavora in sala elettrolisi — la sala della pece e del fluoro — e anche se col tempo, intorno alla fabbrica, la natura ne ha risentito in modo pesante (scomparse le lumache e pure i tartufi bianchi — denunciano i contadini — i pesci avvelenati dai fanghi rossi della bauxite), il lavoro è una posta troppo importante per alzarsi dal tavolo senza vincere la partita.
Disposti a tutto, già : «Nel 2009 occupammo l’aeroporto di Cagliari, lo stabilimento era già a rischio, entrammo direttamente in pista, fermarono gli aerei per ascoltare le nostre ragioni — ricorda con orgoglio il caposquadra Scanu —. La fantasia di certo non ci fa difetto…». Oliviero ha dormito in tutto due ore, sul traghetto. Questa è la giornata più lunga di Alcoa. Mentre parla, s’abbraccia con un altro operaio “anziano” come lui, Rino Cadau, 58 anni, piccolo eroe di Bacu Abis che ha fatto mille sacrifici per far studiare sua figlia Marta e portarla fino alla laurea in biologia ma ora è come preso da un senso d’impotenza. «Marta non trova lavoro — dice Cadau — e a volte penso che è stato tutto inutile. Ma io lo stesso ho voluto fare come mio padre Antonio, minatore a Seruci, morto di silicosi a 59 anni, che fece prendere il diploma a me e mio fratello. Perché la scuola è il futuro e anche i figli degli operai hanno il diritto di andarci». Poi Rino e Oliviero congedano il cronista: «Asi Biri», che in sardo vuol dire arrivederci.
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