L’infelicità al tempo dello spread
Si parla di ricchezza e felicità e ci si domanda se la ricchezza rende felici. Felicità è un parola troppo grande, comprende troppe cose, e certamente è incommensurabile con la ricchezza. Tuttavia, anche a rischio di apparire banale, penso che a me basterebbe poco per essere più spensierato. E chi è spensierato è probabile che afferri, se gli si presenta, quel tanto di felicità che la vita può concedere. Ho detto che a me basterebbe poco. Quanto? Beh il quanto è soggettivo, dipende dalla situazione, dalle circostanze. Se uno ha una grave malattia da curare, se uno ha più persone a carico, e così via, tutto questo va messo in conto per stabilire quanto. Ma c’è anche un dato oggettivo, per esempio l’appartenenza a una certa classe sociale, mettiamo il ceto medio, pesantemente tassato in quanto tale, con tutti gli obblighi che impone, obblighi che se non li osservi ti complicano la vita con conseguenze talvolta disastrose. La pensione che ricevi crea anch’essa differenze e spesso delle vere e proprie ingiustizie che ti mettono in uno stato di aperta ribellione contro il sistema che le ha determinate. Quando ho letto il libro La Casta di Stella e Rizzo, mi si sono rizzati i capelli in testa. Se a tutti gli italiani quel libro ha fatto l’effetto che ha fatto a me, direi che saremmo pronti a una rivoluzione simile a quella francese contro la Versailles dei privilegiati che prendono pensioni dieci e venti volte superiori alla mia. Sono sicuro che nessuno di questi privilegiati sia felice in proporzione all’entità della sua pensione, probabilmente sono più felice io, ma certo da un punto di vista pratico, il privilegiato sta meglio di me.
Mai come oggi in tempo di crisi si parla tanto di soldi. Si dice che parlare di soldi sia volgare: ebbene, oggi viviamo nell’era della volgarità . Non si parla d’altro che di soldi, di spread, di debito pubblico, di finanza e finanziamenti, di default, che poi sarebbe il fallimento, (ma dire default forse attenua l’impatto con la parola), e insomma di farcela o non farcela ad arrivare alla fine del mese. Si parla di tutto questo, ma non si sa bene di che si parla quando se ne parla, resta solo il disagio. Il disagio non è solo quello della nazione ma anche quello del singolo che non sa più a che santo votarsi, non sa quali sono le forze che lo dirigono e che lo portano verso quell’abisso che viene puntualmente evocato come uno spauracchio. Mai come oggi il cittadino comune viene sballottato di qua e di là , mai come oggi il cittadino di classe medio borghese, in cui m’identifico, quello per intenderci che paga le tasse, è stato più indifeso e in balia delle altrui pretese. E non parlo soltanto dell’affitto troppo alto, della luce, del gas, del telefono, della benzina troppo cari (come fai a dire è troppo caro, pagare non posso?), parlo anche del suo essere indifeso di fronte a tutti coloro che fanno parte di una corporazione, che oggi sono potenti come nell’antichità lo erano i sacerdoti o i militari. Parlo dei notai, degli avvocati, dei medici, dei dentisti, dei commercialisti et similia. Di costoro il cittadino medio borghese indifeso ha bisogno, ma anche a loro come può dire: la tua tariffa è troppo alta, non ce la faccio a pagarla? Come fa il cittadino indifeso a controllare se è giusto quel che loro mettono nel conto? Chi può discutere la parcella di un avvocato, la notula di un notaio, la distinta spese di un commercialista? Non puoi, sei nelle loro mani, sei tu che li hai scelti, il mercato è il mercato e li fa lui i prezzi, e così via. Ecco sono queste le forze che sballottano il povero cittadino comune, soprattutto oggi che c’è disperazione economica e mancanza di moneta corrente.
Si dirà che sto scoprendo l’acqua calda. Lo so, lo so, dico cose ovvie, ma io voglio solo far notare che chissà dove, chissà come, chissà perché, c’è sempre qualcosa di burocratico tra te e i pochi soldi che hai in tasca, sia esso il bollo, la bolletta, la percentuale, l’assicurazione, l’ingiunzione, la multa, il conguaglio, c’è sempre qualcosa che si intromette e cerca di portarteli via fino all’ultimo, e rende per te difficile non dico la felicità , che è chieder troppo, ma quello stato di serenità necessario a ogni uomo per dare il meglio di sé, e soprattutto a un artista o a uno scrittore consente di lavorare senza troppe di queste zanzare che continuamente lo punzecchiano.
L’indifeso cittadino comune, chi lo difenderà da tutte le forze burocratiche o corporative cui accennavo, e persino dallo Stato stesso quando impone tasse o tariffe demenziali? Sua difesa dovrebbe essere una democrazia funzionante che a tutti dovrebbe garantire pari diritti e pari opportunità in cambio di pari doveri. È lui, il cittadino indifeso, che elegge i suoi difensori votando per questo o quel partito, per questo o quel politico da cui si sente rappresentato. La sua vera difesa dovrebbe essere lo Stato di diritto, e dovrebbe essere lo Stato di diritto a garantirgli la possibilità , qualora si presentasse, di essere felice. Dovrebbe. Ma lui non appartiene a nessuna lobby e dunque per lui la cosa è più complicata. Eppure il diritto a perseguire la felicità è essenziale, è uno dei primi articoli della Costituzione americana, dopo il diritto alla vita e quello alla libertà .
Related Articles
C’era una volta la governance
CRISI DELLA DEMOCRAZIA
Il declino dei dispositivi che dovevano garantire la partecipazione della società civile all’interno del rispetto dei vincoli imposti dal capitalismo. E nel vuoto creato dalla sua scomparsa, crescono il populismo e il nazionalismo
Il mondo nasce da un rifiuto Niente cambia, per l’eternità
Ogni cosa è destinata a tornare: è questa la fonte del sapere
La vita dell’uomo incomincia con un Rifiuto. La vita cosciente, dico, cioè quella in cui il mondo si manifesta. Tale Rifiuto nega che il giorno sia notte, l’acqua aria, gli alberi stelle, il freddo caldo, la vita morte: nega che qualcosa sia altro da ciò che esso è. Già Platone avverte che questa negazione è presente anche nel sogno e perfino nella pazzia.
Pensieri sulla lama di un rasoio
La barba di Karl Marx resisterà al «rasoio di Occam»? Fuor di metafora, il nuovo sito di filosofia nato da una costola della rivista «MicroMega», denominato appunto «Il rasoio di Occam» (ilrasoiodioccam.micromega.net), comincia oggi la sua attività occupandosi della teoria della giustizia nel pensiero del rivoluzionario ottocentesco, con un intervento di Ernesto Screpanti sul saggio di Stefano Petrucciani A lezione da Marx (manifestolibri, pp. 173, 20).