«Il mio addio al cinismo di Wall Street per inseguire il realismo dell’ingenuità »

by Sergio Segio | 21 Settembre 2012 7:07

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«Penso che un mondo senza sorriso non abbia alcun interesse, e anzi più i momenti sono difficili, più la sofferenza è profonda, più torna utile la capacità  di prendere un po’ di distacco, di usare l’ironia. Nelle fasi più tragiche spesso si percepisce la straordinarietà  della vita. Si apprezzano di più certi piaceri semplici, come un bicchiere di vino o, appunto, un sorriso. Più le situazioni sono estreme, più ci si aggrappa alle cose essenziali, meravigliose dell’esistenza».
Il che di solito apre il campo alle critiche dei cinici… Sorridere è da ingenui?
«Questo è un classico atteggiamento che trovo molto interessante, perché diffuso e sbagliato. La contrapposizione tra spiritualità  e realismo è falsa e io non penso affatto di essere ingenuo per il fatto di privilegiare una visione della vita dove la spiritualità  ha una grande importanza. I monaci di Tibhirine venivano accusati di essere ingenui già  da vivi, quando cercavano di aiutare tutti senza preoccuparsi delle considerazioni politiche. Il mio amico Christophe Lebreton diceva che preferiva essere ingenuo e ritrovare tutte le persone che amava in paradiso, che ridursi al cinismo e vivere per cent’anni nell’inferno di un mondo senza speranza».
Il suo appello al sorriso e alla spiritualità  rischia di non essere compreso in questi giorni di crisi economica, dove molte persone hanno prima di tutto la preoccupazione di trovare o non perdere il posto di lavoro.
«Ma io credo che sia una falsa contrapposizione. Certo che bisogna cercare le soluzioni tecniche per fare vivere concretamente il meglio possibile il maggior numero di persone possibile. Allo stesso tempo, io sono nato nel 1961, e per quelli della mia generazione la parola “crisi” accompagna da sempre la nostra esistenza. La crisi petrolifera del 1973 e poi lo scoppio della bolla degli anni Ottanta, e poi quella della new economy… La crisi non è un episodio, è tra noi da trent’anni e temo resterà  per altri trenta. Meglio imparare a sviluppare le capacità  per convivere con essa».
Che cosa le fece abbandonare il mondo della finanza?
«Mi ero reso conto benissimo che il sistema non poteva funzionare. Era il 1989 e a Wall Street mi diedero del pazzo, dell’ingenuo come dicevamo prima. Visto come è andata e come è ridotta l’economia mondiale, visto i guasti che ha prodotto la speculazione finanziaria, direi che quello realista e lucido sono stato io».
Spirituale, e quindi efficace?
«Decisamente. Nella storia del XX secolo non è il cinismo ad avere vinto. Non è il Male. Il nazismo e il muro di Berlino sono crollati, un uomo come Gandhi è riuscito a sconfiggere la più grande potenza militare del tempo. Mi piace sempre ricordare la celeberrima frase di Stalin sulle inesistenti divisioni del Papa e il fatto che l’Urss non c’è più ma il Vaticano sì».
Quindi è ottimista per il futuro?
«Mi pare che la storia vada verso un mondo in cui le doti di umanità  e spiritualità  vengono premiate. Viviamo in mezzo a problemi enormi, le civiltà  talvolta si scontrano ma è la speranza, non il denaro, il motore del mondo».

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