Legge elettorale, alt del Pd al mini-premio

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ROMA — Sulla legge elettorale Carlo Vizzini, il presidente della commissione Affari costituzionali, riassume lo stato dell’arte con un detto siciliano: «Siamo all’annacamento». Significa: «Massimo movimento con il minimo di spostamento ». Insomma, nulla di fatto ieri in Parlamento, eccetto le dichiarazioni di buona volontà . E un ultimatum — che i partiti si rimpallano l’un l’altro: «Martedì prossimo bisogna cominciare a votare in Senato». In commissione, cercando un testo base. Oppure si va in aula tra un paio di settimane e allora la confusione sarà  grande, perché di testi all’esame ce ne sono ben 46. Questo sulla scena parlamentare.
Ma si muovono soprattutto i leader di Pdl e Pd, Berlusconi e Bersani sui due “nodi” ancora da sbrogliare: premio di maggioranza per garantire la governabilità ; e come si selezionano gli eletti, se attraverso le preferenze o i collegi uninominali. Berlusconi ha fatto sapere che il premio di maggioranza non può superare l’8%. Tassativo. Il segretario democratico — che punta a un premio almeno del 15% — ha ribadito il suo “no”. L’altolà  del Pd è stato fatto sapere anche a Napolitano. «Non faremo ostruzionismo — ha spiegato Bersani, ma non voteremo una modifica in cui il premio di governabilità  scenda al di sotto del 15%». Equivarrebbe a rassegnarsi alla grande coalizione. «Con un premio basso — è il ragionamento di Bersani — è quasi automatico che non si formi nessuna maggioranza, ci sarà  la palude. Noi una legge così non la votiamo». Il Quirinale è informato. Del resto, il Pd bersaniano non gradisce un Monti-bis. E con una riforma elettorale proporzionale senza alcun correttivo, che renda difficile la vittoria netta dell’uno o dell’altro schieramento, il progetto pro Monti e maggioranza allargata, diventerebbe l’unico approdo. Sull’altro punto, quello delle preferenze, identica bocciatura di Bersani: «Non daremo l’ok a una riforma elettorale con le preferenze, il caso Fiorito insegna». Quindi, le distanze restano tutte.
Il premier Monti però è fiducioso: «Ci stanno lavorando e confido che con un presidente della Repubblica come Giorgio Napolitano, sarà  approvata in tempi
non lunghi». Interviene Casini, il leader dell’Udc: «Mi rifiuto di pensare a una realtà  perniciosa come quella di un ritorno al voto con il Porcellum». Aggiunge speranzoso: «Al Senato si sta lavorando per una riforma e chi non la vuole si vedrà  in aula, voterà  contro perché resti il Porcellum». «Una vergogna», sostengono da destra e da sinistra. «Ora bisogna andare a stringere: votare», incalza Enzo Bianco che è relatore per il Pd con Lucio Malan, relatore del Pdl. Malan pensa a «un piano B», che sarebbe liberi tutti per il voto d’aula. A tentare una mediazione spunta Roberto Calderoli che è l’autore dell’attuale legge “porcata” (la definì lui stesso così). Prevede circoscrizioni per la Camera (con liste plurinominali di due, tre candidati) e collegi per il Senato; premio di maggioranza a chi supera il 45%. Intanto il tempo stringe.


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