Le severe condizioni per ottenere quell’aiuto

by Sergio Segio | 7 Settembre 2012 4:58

Loading

«Sapete come ci entrate, non sapete come ne uscirete». Nel contestare il piano di interventi a sostegno degli Stati in difficoltà , ieri presidente della Bundesbank Jens Weidmann ha lasciato al resto del Consiglio della Bce poco meno che una profezia. Nel frattempo la Banca centrale europea lancia un’inchiesta per capire quale mano dall’interno abbia allungato all’agenzia Bloomberg, mercoledì, la bozza di decisione già  pronta. Dopo quella fuga di notizie, ieri la banca ha persino dovuto cambiare il nome del suo piano di acquisto di titoli di Stato: da «Mot» a «Omt», «Outright Monetary Transaction», transazioni monetarie dirette.

Ieri la prima domanda rivolta a Mario Draghi, a il suo piano per preservare l’euro, è toccata a un giornalista tedesco. Ha chiesto al presidente della Bce: «Da dove crede di aver tratto il mandato democratico per decidere da solo che questa moneta dev’essere irreversibile?». Poi la seconda domanda tedesca: «Vuole fare dell’euro una nuova lira?»
Se qualcuno nell’Eurotower si lasciasse prendere dalla sindrome dell’assedio, sarebbe probabilmente umano. Non tutta la Germania è ostile alla Bce, al contrario, e una maggioranza dei tedeschi resta a favore di un’Europa più integrata di oggi. Ma ciò che l’istituto di Francoforte ha prodotto ieri va misurato su questo sfondo di diffidenza, contestazioni e attacchi ormai quasi personali. Per la prima volta, Draghi ha portato la Bce a un programma di acquisti di titoli di Stato in quantità  illimitate. Lo ha fatto mentre la Bundesbank, maggiore azionista dell’Eurotower, dichiarava pubblicamente che una scelta del genere è semplicemente illegale. Ma nell’assicurare quella svolta, Draghi ha operato in modo da isolare Weidmann fra i banchieri centrali degli stessi Paesi creditori e persino nei confronti del governo di Berlino: ieri da Madrid, ancora una volta, Angela Merkel ha segnalato il suo disco verde alla Bce.
Tutto questo implica alcune conseguenze: se la liquidità  offerta all’Italia e alla Spagna è «illimitata» e (quasi) tutti accettano che sia così, da qualche parte una contropartita dovrà  pur esserci. Nelle decisioni formalizzate ieri, si trova nell’aggettivo «enhanced» (rafforzate) che descrive le condizioni per «linea di credito» offerta ai Paesi in crisi. Formalmente la domanda va rivolta ai ministri finanziari dell’area euro, per ottenere un programma basato sui fondi salvataggi Efsf-Esm. Ma per poter godere anche della forza schiacciante dell’azione della Bce, la Spagna e l’Italia dovranno sottoscrivere memorandum d’impegni solidi quasi come l’intervento della banca. E dovranno lasciarsi vigilare con puntiglio dalla stessa Bce, dalla Commissione europea e dal Fondo monetario internazionale.
Siamo distanti mille miglia dall’idea di Mariano Rajoy. Il premier spagnolo avrebbe voluto accedere agli aiuti europei sulla base una semplice autocertificazione della qualità  del suo programma di governo. Non sarà  così per la Spagna. E non lo sarà  neppure per l’Italia. È per questo che il messaggio implicito con cui Draghi si è difeso dalle domande più aggressive, è che adesso la palla si trova interamente nel campo dei governi di Roma e di Madrid. Tocca a loro giocarla o farla cadere. Ieri i mercati hanno vissuto una giornata di euforia, che premia l’abilità  di Draghi, ma non passerà  molto prima che saggino le intenzioni della Spagna e dell’Italia.
Quel giorno, dalle parti di Palazzo Chigi e del ministero del Tesoro, si valuterà  con cura ciò che ieri ha fatto sapere l’Ocse: l’organismo di Parigi, il cui capoeconomista è l’italiano Pier Carlo Padoan, prevede che l’economia in Italia quest’anno cadrà  del 2,4%. In queste condizioni il Tesoro è consapevole che la finanza pubblica non può centrare l’obiettivo ufficiale di un deficit all’1,7% del Pil: sarebbe già  molto se il disavanzo restasse entro il 3%. Il nuovo aumento dell’Iva in primavera non può che restare nel radar del governo, mentre non è detto che non possa entrarci anche una manovra correttiva.
Economia in recessione, finanza pubblica fuori traiettoria e condizioni per gli aiuti «rafforzate» diventano così i vertici del triangolo nel quale si muove oggi l’Italia. Inevitabilmente, sono le condizioni perché nel Paese si tenga prima o poi una discussione aperta sui costi e i benefici di un’eventuale richiesta di sostegno all’Europa.
Non sarà  un percorso facile neppure per la Bce, tantomeno di fronte a un grande Paese alla vigilia di nuove elezioni. Weidmann contesta a Draghi di aver trascinato la banca in un ruolo sempre più politico, lontano dal suo mestiere tradizionale e dalla sua vocazione d’indipendenza. L’Eurotower minaccia di cessare gli interventi a favore di un Paese che non rispetti le condizioni sottoscritte con un «memorandum». In quel caso i bond di quel governo crollerebbero, ma anche la Bce subirebbe forti perdite in bilancio sui titoli che aveva comprato fino a quel momento. Con buona pace della separazione dei poteri, il rischio di una sorta di equilibrio del terrore fra politici e banchieri centrali è evidente. La profezia di Weidmann («non sapete come ne uscirete») ieri dev’essere risuonata anche nella testa dei colleghi che lo hanno isolato.
Federico Fubini

Post Views: 181

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2012/09/le-severe-condizioni-per-ottenere-quellaiuto/