Le estati di Formigoni sulle barche di Daccò un conto da 4,6 milioni

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MILANO — Scene da una vita di corte al largo della Sardegna o di altri lidi del Mediterraneo, dove il principe è il presidente di una Regione e i servizievoli cortigiani sono uomini e donne che grazie a lui fanno affari e acquisiscono potere. Il racconto di questa piccola Versailles galleggiante è agli atti dell’inchiesta dei pm Greco, Orsi, Pastore, Pedio e Ruta sulla fondazione Maugeri nella quale è indagato, per corruzione aggravata, Roberto Formigoni. E la parte più consistente dei 7 milioni e 800mila euro calcolati dai pm come tangente pagata al governatore lombardo dai due faccendieri Pierangelo Daccò e Antonio Simone, per gli oltre 200 milioni di finanziamento regalati alle cliniche di cui erano consulenti, riguarda proprio quelle vacanze in barca. Tra acquisto, leasing, remunerazione dell’equipaggio, spese telefoniche e approvvigionamento, si arriva a 4.634.578 euro.
IL LUSSO
La vita in yacht, si sa, costa molto. Tra le centinaia di ricevute sequestrate a Daccò dalla Guardia di Finanza e dalla polizia nell’inchiesta, una riguarda la fornitura di biancheria e complementi d’arredo per una delle imbarcazioni: un’oliera costa 102 euro, i tappetini di cima intrecciata 290, i completi lenzuola singole raso cotone 1920, per un totale di 18mila euro. I panfili Ojalà , Cinghigaia e Admaiora, «utilizzate, in via pressoché esclusiva,
da Roberto Formigoni e Perego» hanno costi di manutenzione esorbitanti: solo Ojalà , nel 2007, costa a Daccò 84mila euro, la cui copertura va dalle spese di ormeggio al montaggio del wireless, del decoder Sky e della linea fax che serviva al presidente per farsi mandare le rassegne stampa da Milano quando lui era al largo. Tra il marzo e il settembre del 2008 i costi per la Cinghingaia ammontano a 335mila euro. Formigoni, scrive la polizia giudiziaria nel rapporto, è «il destinatario di altre e ulteriori significative lussuosità  con una costanza temporale (…) che consente di qualificare (…) come il segno evidente di un rapporto organico e stabile nel tempo».
L’OSPITE D’ONORE
Intorno all’ospite (fisso) d’onore si scatenava una gara di servigi e salamelecchi. Per gli spostamenti in terraferma aveva a disposizione due auto di bordo. «A volte — racconta Silvio Passalacqua, uno dei marinai, il 15 maggio del 2012 — il comandante ha prelevato Perego e Formigoni con le autovetture a loro disposizione presso la villa che è un Mercedes Ml di cui non conosco il colore e un’Audi Q7 di colore nero». I due, inoltre, «potevano
disporre – il virgolettato è della pg – del personale di equipaggio, non solo per i normali servizi a bordo ma anche per necessità  diverse. Quando era necessaria la presenza di un cuoco e di camerieri in occasione di cene organizzate presso la villa dove Formigoni e Perego alloggiavano in Sardegna (anche questa messa a disposizione da Daccò a loro favore), veniva impiegato il personale di bordo delle imbarcazioni».
I CONTANTI
In più occasioni, i marittimi assoldati da Daccò parlano di consegne di denaro in contanti – somme da 10-20mila euro – di cui fanno da tramite o dei quali sono destinatari. L’autista di Daccò Pierluigi Cipelli racconta: «Sono stato incaricato da Daccò, in tre o quattro occasioni, di consegnare denaro contante al comandante Mascheroni per le esigenze della “cassa barca”». E Mauro Moltedo, un
altro comandante, riferisce di consegne a lui di buste con liquidità . «Una volta è stato Alberto Perego che mi ha consegnato una cifra fra i 5 e i 10mila in una busta bianca priva di intestazione». Troppi soldi cash. Per i pm erano parte di provviste in nero per la politica. «Daccò poteva disporre di rilevanti somme di denaro contante, cui poteva attingere per far fronte agli importi economici del candidato Formigoni».
I CAPRICCI
I marinai, però, che già  comprano pesce e aragoste da cucinare per il gruppo, si rifiutano di fare da servi. E il comandante Alessandro Passalacqua, che è d’accordo con loro, viene licenziato. Perché «Daccò e la figlia Erika – spiega – avanzavano richieste che non potevo assecondare. Erika mi chiese in diverse occasioni di uscire col mare mosso e io mi rifiutai per ragioni di sicurezza anche perché lei, tra l’altro, era incinta. In un’altra occasione, Daccò mi chiese di mettergli a disposizione due componenti dell’equipaggio perché doveva organizzare una festa sulla terraferma e voleva utilizzarli come camerieri. Io non accettai perché il mio equipaggio doveva riposare perché il giorno seguente dovevano navigare».
IN FAMIGLIA
Erika Daccò è spesso negli yacht. Come in tutte le corti, le parentele danno diritto a cariche e privilegi. Lei gestiva, con la sorella,
il 31esimo piano del Pirellone per le feste organizzate dalla sua società  di comunicazione. A Erika è intestata anche la società  che vende per 3 milioni di euro – con uno sconto di 1,3 milioni per i pm – la villa di Arzachena acquistata dal presidente e da Perego. Suo marito è Massimo Buscemi, ex assessore alla Cultura della Lombardia poi silurato dal governatore: con lui in un’intercettazione si lamenta – per gli investigatori la condotta è “intimidatoria” – del fatto che i magistrati di Milano indagano sulla villa. «Vogliono sapere conto e ragione, e come mai così poco… siamo nella merda fino a qua e tu forse non te ne stai accorgendo o fai finta di non accorgertene». «Ho le fonti», lo rasserena Formigoni. Gli intrecci familiari ricorrono nei viaggi e nell’inchiesta. Il fratello di Roberto Formigoni, Carlo, oltre che nelle trasferte caraibiche, è ospite anche dell’ad Maiora. Sul versante Maugeri, invece, Gianfranco Mozzali parla delle consulenze pagata dalla fondazione a Rosanna Gariboldi, moglie dell’ex assessore regionale e ras della sanità  in Lombardia Gianfranco Abelli.


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