Le donne alla guida delle aziende superano la soglia del 10 per cento

by Sergio Segio | 7 Settembre 2012 5:20

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MILANO — Mentre in Europa si discute sulla volontà  della commissaria alla Giustizia Viviane Reding di introdurre quote di genere del 40% nelle società  quotate e pubbliche di tutto il continente, con la Gran Bretagna che guida il fronte dei contrari, i numeri evidenziano invece sempre di più l’effetto positivo del dibattito sulla necessità  di una maggior partecipazione delle donne nei luoghi delle decisioni.

L’ultimo rapporto europeo sulla diversità  di genere, presentato ieri dalla società  di consulenza Egon Zehnder International, dice infatti che le donne rappresentano il 15,6% dei Consigli di amministrazione dei 353 gruppi che capitalizzano (cioè che hanno un valore in Borsa) più di 4 miliardi di euro. «Dal 2004 al 2012 il peso delle donne è quadruplicato», dice Tommaso Arenare, partner di Egon Zehnder.
Quanto al nostro Paese, nelle società  che compongono l’intero listino di Borsa è stata superata la barriera del 10%. Gli ultimi aggiornamenti della Consob, la Commissione di controllo sulle società  e la Borsa, dicono infatti che al 22 agosto le donne rappresentavano il 10,6% del totale dei membri dei Consigli di amministrazione. In salita anche il peso delle donne nei collegi sindacali: è l’8,9%. È un dato che risente della legge Golfo-Mosca, che ha introdotto in Italia le quote di genere nei consigli di amministrazione (l’organo centrale per la gestione di un’azienda) e nei collegi sindacali (l’organo cui spetta il controllo). Anche se la normativa è diventata operativa soltanto lo scorso 12 agosto, le aziende si sono adeguate in anticipo.
«Penso che gli inglesi debbano riflettere e valutare meglio la situazione — commenta Lella Golfo, cofirmataria della legge —. Credo che l’esempio che, per una volta, sta dando l’Italia vada proprio nella direzione del merito. Fa bene Reding a insistere».
«Pur con differenze tra le varie regioni europee — aggiunge infatti Arenare — la diversità  di genere si sta rivelando un fattore unificante. E il beneficio di una buona legislazione a tutela della diversità  di genere si estende anche ai Paesi dove una simile legislazione non è ancora presente (Regno Unito, Svezia e Danimarca). Credo che America e Gran Bretagna, che sono la culla del merito, finiranno per accorgersi che l’enfasi sulle quote di genere porta, come per un paradosso, proprio a fare scelte di merito. E questo finirà  per infrangere anche l’ultima barriera, che è quella di affidare anche alle donne veri ruoli gestionali. Non ci vorrà  molto».

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