by Sergio Segio | 23 Settembre 2012 7:35
Disegnare con le forbici. Ritagliare al vivo nel colore mi ricorda il cesellare diretto degli scultori. Questo libro è stato concepito nello stesso spirito. Le mie curve non sono folli. Il filo a piombo, impiegato per determinare la direzione verticale, forma col suo contrario, l’orizzontale, la bussola del disegnatore. Ingres si serviva del filo a piombo. Osservate nei suoi studi di figure in piedi quella linea non cancellata che passa per lo sterno e il malleolo interno della “gamba portante”. Intorno a questa linea fittizia si sviluppa l’arabesco. Ho tratto dall’uso che ho fatto del filo a piombo un beneficio costante. La verticale è nel mio spirito. Mi aiuta a precisare la direzione delle linee, e nei disegni di getto, non indico una curva, per esempio quella di un ramo in un paesaggio, senza aver coscienza del suo rapporto con la verticale.
Le mie curve non sono folli. Un nuovo quadro deve essere una cosa unica, una nascita che porti una nuova figura nella rappresentazione del mondo attraverso lo spirito umano. L’artista deve contribuire con tutta la sua energia, la sincerità e la più grande modestia, per scartare durante il lavoro i più vecchi cliché che gli vengono tanto facilmente sotto mano e possono soffocare il fiorellino che, già di per sé, non viene mai così come lo si attende.
Un musicista ha detto: in arte la verità , il reale, comincia quando non si capisce più nulla di ciò che si fa, di cosa si sa, e resta in voi un’energia tanto più forte quanto più è contrariata, compressa, pressata. Serve allora presentarsi con la massima umiltà , tutto bianco, tutto puro, candido, con una mente che appaia vuota, in uno stato d’animo analogo a quello del comunicando che s’avvicina alla Sacra Mensa. Evidentemente bisogna avere dietro di sé tutta la proprio esperienza acquisita e aver saputo conservare la freschezza dell’istinto.
Se credo in Dio? Sì, mentre lavoro. Quando sono sottomesso e modesto, mi sento talmente aiutato da qualcuno che mi fa fare cose che vanno oltre me stesso. Però non sento verso di Lui nessuna riconoscenza, perché è come se mi trovassi davanti a un prestidigitatore di cui non riesco a capire i trucchi. Mi ritrovo allora frustrato del beneficio dell’esperienza che doveva essere la ricompensa del mio sforzo. Sono ingrato senza rimorso. Giovani pittori, pittori incompresi o capiti troppo tardi, nessun Odio. L’odio è un parassita che divora tutto. Non si costruisce nell’odio ma nell’amore. L’emulazione è necessaria, ma l’odio… L’amore invece sostiene l’artista. «L’amore è qualcosa di grande, un bene immenso, che da solo può rendere leggero ciò che è pesante e fa sopportare con animo uguale ciò che è ineguale. Perché porta il peso senza farne un fardello e rende dolce e gradevole tutto ciò che è amaro».
Traduzione italiana tratta dal volume allegato al facsimile Intorno a Jazz di Matisse© Electa 2012
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