La svolta di Monti: se serve, ci sarò
NEW YORK — «Non penso ci sarà una seconda occasione, ma se dovesse servire io ci sarò». Questa semplice frase di Mario Monti, pronunciata in inglese sulla possibilità di un suo ritorno alla guida del governo dopo le elezioni del 2013, è riuscita nel giro di pochi minuti a produrre segni di insofferenza tra gran parte delle forze politiche italiane e positive ripercussioni sui mercati finanziari, fino a portare più in basso il divario tra le rendite dei titoli di Stato italiani e tedeschi, lo spread. Il capo del governo dei tecnici non ha escluso un suo ritorno a Palazzo Chigi nella prossima legislatura parlando in uno dei posti del mondo che più si augurano una sua permanenza dove adesso si trova: il Council on foreign relations di New York, centro «non partisan» di dibattito ed elaborazione sulla politica estera, una sorta di istituzione non formalizzata che ha tra i suoi direttori ex segretari di Stato come la democratica Madeleine Albright e Colin Powell che ebbe lo stesso ruolo sotto il presidente repubblicano George W. Bush.
«Voglio che le forze politiche sappiano: non ho alcun piano politico per il futuro, ma voglio che sappiano, e che il mercato sappia, che sarò lì se ce ne sarà bisogno», ha aggiunto Monti un paio d’ore più tardi in un’intervista a Bloomberg. Un modo per rendere esplicito quanto era evidente: è alle aspettative straniere che aveva risposto in precedenza. Va da sé che è di quelle, oltre che dei risultati elettorali, che nella primavera 2013 i partiti dovranno prendere atto.
«Può rassicurare la gente che Silvio Berlusconi non tornerà di nuovo al governo?». «Ci sarà la riforma elettorale?». «Come perseguirete in Italia la crescita?». È a domande del genere che il presidente del Consiglio ha dovuto rispondere nella sala del Council. A porre la prima è stato David M. Rubinstein, cofondatore del gruppo Carlyle che gestisce oltre 150 miliardi di dollari in almeno tre continenti. Monti è rimasto attento a non attirarsi in casa inimicizie superiori al necessario: «È stato Berlusconi a scoprirmi nel 1994, quando sono diventato commissario a Bruxelles. Non è partito per un’isola deserta come alcuni potrebbero pensare. È in Italia, ma non posso garantire nulla sul suo futuro impegno politico».
E sono gli interrogativi sul suo, di futuro, ad aver inseguito per l’intera giornata il Professore. Consapevole di aver accentuato le curiosità su Palazzo Chigi nel 2013, nel pomeriggio dal 49° piano di un grattacielo nel quale c’è la rappresenta dell’Italia presso l’Onu, Monti ha detto: «A coloro che insistono a domandarmi: “Ma lei sarà proprio indisponibile?” rispondo che non sarò candidato alle elezioni. Sarò al mio posto». Ossia il seggio di senatore a vita. Ma, ha continuato, «se le forze politiche dovessero ritenere che in particolari situazioni mi sia ancora richiesto di servire in qualche modo il Paese io ci sarò». «Spero non si verifichino», ha proseguito diplomaticamente sulle circostanze. Anche con l’appoggio di una sola forza politica? Parlo di dopo le elezioni, ha obiettato, quindi «è assolutamente impossibile» esprimersi ora. A Bloomberg volevano sapere se accetterebbe altri ruoli, per esempio il ministero delle Finanze. «No, non sto riflettendo su alcuna di queste ipotesi, voglio che le forze politiche sappiano che non ho alcuno specifico piano. Sono quasi sicuro che dal voto uscirà una maggioranza chiara».
Seppure provando a non far imbizzarrire troppo i partiti, Monti però si pronunciato sul nocciolo duro dei dubbi internazionali sul futuro dell’Italia e della sua salute finanziaria. Si diverte, il Professore, nel camminare con equilibrio tra questo genere di domande, e in inglese gli viene più facile aggiungere alla sua sobrietà una sottile ironia. «Da noi il divieto di fumo viene rispettato dal 100% delle persone, mi piacerebbe che la stessa cosa avvenisse quando c’è da pagare le tasse», ha detto al Council sollevando risate, ma usando il paragone sulle sigarette scomparse dai ristoranti per contrastare sfiducia negli italiani.
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