La strategia dell’intimidazione

by Sergio Segio | 16 Settembre 2012 16:50

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Sbaglia chi la ritiene ormai finita a vantaggio di Internet e degli altri nuovi media. Questa è invece l’ultima roccaforte di un potere in declino, la piattaforma ideologica su cui s’è fondato il regime televisivo che ha dominato l’Italia nell’ultimo infausto ventennio. Si tratta, verosimilmente, di un fuoco di sbarramento che ha un duplice obiettivo: da una parte, eliminare un pericoloso competitor sul mercato degli ascolti televisivi e della raccolta pubblicitaria; dal-l’altra, soffocare un terzo polo tv capace di fare opinione e influire sulle scelte elettorali. È, quindi, ancora una volta un problema di concentrazione, di pluralismo e di libera concorrenza. Una questione politica e nello stesso tempo economica. Fin dalla nascita, La 7 è stata considerata una televisione per così dire “settimina”, debole e gracile, incapace di intaccare le quote di mercato saldamente detenute da Rai e Mediaset. E ciò è durato fino alla nomina di Enrico Mentana alla direzione del tg, affiancata da quella editoriale di Paolo Ruffini e dalle presenze di Lilli Gruber, Gad Lerner, Corrado Formigli, Serena Dandini, Geppi Cucciari e adesso anche Michele Santoro. La 7 è diventata perciò il terzo incomodo in una situazione consolidata di duopolio. Né era bastato a modificarla l’avvento di Sky sul mercato italiano. La tv satellitare di Murdoch è una tv criptata, a pagamento, con un modello di business del tutto diverso, basato sugli abbonamenti e una quota modesta di raccolta pubblicitaria. Con tutto il rispetto per la sua programmazione, in sostanza Sky vende un biglietto elettronico per vedere soprattutto il cinema e lo sport in tv, dal calcio al tennis e al golf. Se non è dunque un’intimidazione nei confronti di Telecom, la mossa di Mediaset può rappresentare un avvertimento, anche in funzione dei futuri equilibri di governo. Ma, per nostra fortuna, anche in questo campo c’è l’Europa. E la Commissione di Bruxelles ha già  aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia per mancanza di concorrenza nel settore tv, poi sospesa in attesa dell’asta sulle nuove frequenze. È inconcepibile perciò che il regime televisivo, uscito sconfitto dalla porta di Palazzo Chigi, possa rientrare dalla finestra ancora più forte e potente di prima.

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