by Sergio Segio | 5 Settembre 2012 7:29
La Bella addormentata dello spot prova un’altra volta – Biscione permettendo – a risvegliarsi. Il suo sonno dura da almeno una quindicina di anni. Passati a inseguire sempre più da lontano (e in costante odore di conflitto di interessi) le reti del Cavaliere di Arcore. In tre lustri gli italiani sono passati dall’analogico al digitale, hanno imparato a usare satellite e pay-tv e a guardare i loro programmi preferiti sul telefonino o via tablet. La Sipra invece – la concessionaria pubblicitaria della Rai – è rimasta al palo: a inizio millennio garantiva a Viale Mazzini 1,2 miliardi di entrate l’anno e guadagnava 26 milioni. Quest’anno – se tutto va bene – il suo contributo ai conti un po’ disastrati della tv pubblica sarà di 900 milioni di euro, il 25% in meno. E per quanto possa fare Lorenza Lei, l’ex dg di Saxa Rubra designato come nuovo ad, il suo bilancio rischia di finire in rosso. Certo, in mezzo ci sono state la bolla internet, Lehman e la crisi dei debiti sovrani. Nello stesso periodo però Publitalia, la corazzata di Cologno Monzese, ha visto la sua raccolta crescere del 15% a 2,63 miliardi.
ALL’OMBRA DI ARCORE
La sfida Rai-Mediaset nell’era dei governi Berlusconi, del resto, è sempre stata una gara ad handicap. Anche sul fronte della pubblicità . Dal 2000 ad oggi solo in tre anni i venditori della Sipra sono riusciti a far meglio dei loro rivali del Biscione: e in due occasioni (il 2006 e il 2007) – guarda i casi della vita – a Palazzo Chigi sedeva Romano Prodi. «Numeri alla mano è difficile dire che si tratti di un caso», dice Francesco Siliato, docente di sociologia dei processi comunicativi al Politecnico di Milano e partner dello Studio Frasi.
I risultati in effetti sono sotto gli occhi di tutti: viale Mazzini, con un’audience superiore al 40%, incassa ogni anno “solo” il 25% del tesoretto pubblicitario destinato dai grandi investitori alle tv. Mediaset con il suo 36% se ne mette in tasca il 53%. E il tetto agli affollamenti di spot per le reti pubbliche e la leadership di Cologno sul target commerciale (quello più appetibile) non bastano certo da soli a spiegare la differenza.
IL MINISTRO DELL’AUDIENCE
La spiegazione, dicono le malelingue, è semplice. La Sipra è stata trasformata un po’ alla volta negli ultimi anni in una sorta di “provincia” dell’impero di Arcore. I vertici della società sono stati nominati in molti casi dai governi guidati da Silvio Berlusconi (l’ultimo ad, Aldo Reali, è cresciuto alla scuola di Giuliano Adreani, potentissimo numero uno di Publitalia). I grandi inserzionisti – spesso dipendenti da commesse o aiuti pubblici – hanno dirottato una fetta sempre maggiore dei loro budget verso il Biscione. E persino la pubblicità istituzionale, quella dei ministeri, ha finito per premiare più Mediaset che la tv statale. Far bene il proprio mestiere, con questi presupposti, serve a poco: l’audience della Rai, di recente, va molto meglio di quella di Arcore. Ma la Sipra non ne ha tratto alcun beneficio. Anzi, il divario della raccolta con la concorrenza continua ad allargarsi. È successo persino nei primi sei mesi (non proprio facili) del 2012 quando, malgrado gli Europei di calcio sugli schermi di viale Mazzini, le entrate pubblicitarie della Rai sono calate del 20% circa contro il meno 11,9% dei network del Cavaliere. Malgrado oggi a Palazzo Chigi ci sia Mario Monti.
GLI ERRORI DEL VERTICE
«È evidente che siamo di fronte ad un’anomalia – dice Siliato – . Il +30% di audience di La7 dopo l’arrivo di Enrico Mentana ha corrisposto a un balzo proporzionale degli spot, segno che in Sipra qualcuno ha sbagliato». Dove? Gli esperti del settore puntano il dito sulla scarsa aggressività dei venditori e sulla rigidità della politica di prezzi. Publitalia – dicono tutti – è stata molto più rapida ed efficace a cercare nuovi inserzionisti anche tra le piccole e medie imprese quando i big hanno iniziato a tagliare i loro budget. E a Viale Mazzini si fatica a vendere spot sui nuovi canali digitali dove lo share di Saxa Rubra (ormai attorno al 5%) dovrebbe garantire, garantiscono molti osservatori, un centinaio di milioni di entrate in più di quelle generate ora. La Sipra, insomma, per imperizia o per scelta, viaggia con il freno a mano tirato. Si vedrà se Lei, il manager “berlusconiano” scelto dal cda tecnico, sarà capace di farla ripartire. In Rai se lo augurano tutti, visto che la cassaforte degli spot – malgrado tanti anni di vacche magre – garantisce ancora al servizio pubblico il 35% delle sue entrate.
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