La devastazione dell’isola E il Pd che dà la partita per persa
Lo straordinario sito archeologico di Morgantina è invaso da erbacce e bottiglie di plastica. Su tutto incombe una terza D. Il micidiale Disordine amministrativo e politico. Da almeno vent’anni, ma il male in realtà è ben più antico, grava sulla Sicilia un’enorme escrescenza parassitaria: la Regione. Incompetenza, incultura, affarismo, complicità mafiose, arroganza del potere si miscelano e inglobano anche le parti sane, che pure ci sono, del mondo politico e amministrativo locale.
A fine luglio, incalzato dalle indagini dei magistrati, ma anche dai tagli del governo Monti, si è anticipatamente dimesso Raffaele Lombardo, ultimo esponente del sicilianismo straccione, che aveva in maniera esponenziale aggravato il Disordine. Apertasi la gara per la successione, quattro sono i candidati in lizza. I due del centrodestra sono espressione diretta della parte più malata dell’escrescenza di cui sopra. C’è un candidato organico del Pdl, Musumeci, e uno disorganico, Miccichè: un giannizzero berlusconiano, usato per le missioni difficili. Messosi in società con Lombardo, vuole appropriarsi della bandiera sicilianista. Che di lì venga fuori qualcosa di buono è escluso.
Più complicate le cose sul versante opposto. Da un lato c’è il candidato del Pd. Che è espressione di quella componente di quel partito che negli ultimi tre anni si è ostinata a far da stampella al governo Lombardo, consentendogli di sopravvivere e di perpetrare i suoi disastri. Dopo esser stato un bravo sindaco a Gela, Crocetta se n’è andato a Bruxelles, dove però – a sua insaputa – viveva in un appartamento di proprietà della signora Lombardo. Già tanta scagliolesca distrazione lo squalifica. In più ci si è messa l’alleanza elettorale con l’Udc: che è il partito dalle cui viscere sono fuoriusciti non solo Lombardo, ma anche il ben noto Totò Cuffaro, predecessore di Lombardo, specialista in abbracci e cannoli, oggi intento a scontare una pesante condanna per le sue relazioni mafiose.
Resta il quarto candidato, quello della sinistra senza compromessi, Claudio Fava. Scelto con molta difficoltà , anche troppa, da Sel e Idv, Fava è un galantuomo, d’indiscussa moralità , che ha già raccolto l’adesione degli esponenti più credibili del centrosinistra siciliano: Rita Borsellino in testa. Se vincesse ci sarebbe da rallegrarsene.
Se non che, il centrosinistra in Sicilia non ha mai superato la soglia del 40 per cento. Quindi, se stavolta avrebbe potuto profittare delle divisioni del centrodestra, già è in partenza messo nelle condizioni di non riuscirci. Le cose si complicano viepiù se si pensa che chiunque vinca, per com’è fatta la legge elettorale, nessuno avrà una maggioranza in consiglio regionale. Meglio: i due concorrenti di centrodestra, ove uno di loro vincesse, si metteranno di sicuro d’accordo. Forse già lo sono in partenza. E il Disordine ricomincerà come e più di prima. Per contro, ammesso che uno dei due candidati di centrosinistra ce la faccia, gli schieramenti che li sostengono sono incompatibili.
È una brutta e triste storia. Il bubbone delle tre D siciliane andrebbe inciso con molta decisione. Gli elettori, si sa, sono abitudinari. Che puniscano chi ha mal governato è una favola stupida, che fa molto male alla democrazia. Malgrado il disastro della presidenza Lombardo, per giunta sopravvissuto a lungo grazie alla complicità del Pd, nessuno prevede sommovimenti elettorali risolutivi. La partita dunque spettava alle forze politiche e si giocava sui candidati. In particolare, al centrosinistra serviva una scelta di drastica rottura con le suddette complicità . Se proprio non voleva Fava, il solo modo in cui il Pd avrebbe potuto – forse – smuovere la lealtà rassegnata di qualche elettore di centrodestra, sarebbe stato concordare con i potenziali alleati una figura nazionale di alto prestigio. Magari qualcuno un po’ più prestigioso, e più affidabile, della senatrice Finocchiaro, la quale, sonoramente sconfitta da Lombardo, pretese comunque un risarcimento per l’incomodo come il lussuoso incarico di capogruppo al Senato. Invece il Pd si è ostinato a candidare la stampella di Lombardo, o qualcosa di simile.
È una scelta arrogante, miope, superficiale. Fatta unicamente per tutelare il ceto politico locale, della cui desolante mediocrità la dirigenza nazionale del Pd non si rende conto. Lo schiaffo ricevuto con l’elezioni di Orlando non le è servito. A meno che non dia la Sicilia per persa. Dimenticando però che il futuro del centrosinistra passa anche di qui: il voto dei siciliani è stato sempre decisivo per far vincere il centrodestra. È difficile, ma non è detto che non lo si possa smuovere. Per non parlare del futuro del paese. Che passa anch’esso dal rilancio del Mezzogiorno.
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