Iran, Obama tende la mano a Netanyahu

by Sergio Segio | 29 Settembre 2012 7:31

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NEW YORK — A 38 giorni dall’elezione presidenziale americana, nessuno vuole avere “contro” Benjamin Netanyahu. Dopo aver dato l’impressione di snobbare il premier israeliano durante l’assemblea generale dell’Onu (ma in effetti nessun leader straniero ha avuto l’onore di un incontro bilaterale), Obama ieri ha voluto rimediare allo sgarbo. Tanto più che l’intervento di Netanyahu a Palazzo di Vetro gli è piaciuto. In quello “show” con tanto di grafico sull’ordigno nucleare iraniano, la Casa Bianca, il Dipartimento di Stato e il Pentagono hanno voluto vedere il bicchiere mezzo pieno: la minaccia di un intervento militare israeliano contro l’Iran sembra slittare all’anno prossimo, in ogni caso dopo l’elezione del 6 novembre.
Così a Washington è stato interpretato il passaggio dell’intervento di Netanyahu in cui ha evocato il rischio che l’atomica degli ayatollah sia pronta nella «primavera o al più tardi l’estate del 2013». E così ieri il “bilaterale” c’è stato, anche se solo in forma telefonica. Peraltro, con Netanyahu ha parlato nelle stesse ore anche Mitt Romney. Il quale da mesi accusa Obama di tradire l’alleato israeliano. E al termine del suo colloquio telefonico col premier israeliano, ha dichiarato che se eletto presidente cercherà  di fare incriminare Ahmadinejad per «incitamento al genocidio » da un tribunale internazionale.
Dalla telefonata Obama-Netanyahu (20 minuti) è uscito un comunicato che parla di «pieno accordo» sull’obiettivo di impedire che l’Iran si costruisca l’arma atomica. Nello stesso comunicato, diffuso dalla Casa Bianca, l’alleanza con Israele viene definita «incrollabile». Netanyahu da parte sua apprezza l’impegno espresso da Obama all’Onu di «fare tutto quello che occorre» per prevenire l’atomica iraniana. Romney tuttavia è tornato ad attaccare il presidente sul Medio Oriente. Oltre alla consueta accusa di non difendere Israele, il repubblicano riprende anche le polemiche dei media americani sulla mancata sicurezza al consolato di Bengasi, dove sono stati uccisi l’ambasciatore americano in Libia e tre funzionari. Il vicepresidente Joe Biden ieri ha accusato Romney di cercare il voto della comunità  ebraica in Florida, «perché se vinciamo noi in Florida, abbiamo vinto l’elezione». Malgrado i ripetuti attacchi di Romney e le critiche dei media, la politica estera rimane un punto di forza del presidente in carica. L’ultimo sondaggio nazionale compiuto dall’agenzia Bloomberg indica che il 49 per cento degli intervistati giudica Obama «più capace di gestire una crisi in Medio Oriente», contro il 38 per cento che è di parere contrario.
La stessa percentuale del 49per cento approva la linea di Obama di fronte all’Iran, basata sulle sanzioni.
Al Palazzo di Vetro la situazione siriana continua a dividere i paesi membri. Carla Del Ponte, già  procuratore della Corte penale internazionale per la ex Jugoslavia, si è affiancata agli altri magistrati nella commissione di inchiesta sui crimini di guerra in Siria, guidata dal brasiliano Paulo Pinheiro. Il mandato della commissione è stato prorogato, mentre il Consiglio Onu per i diritti umani ha condannato – con il voto contrario di Russia, Cina e Cuba e tre astenuti – «la moltiplicazione dei massacri » e le «sistematiche e gravi violazioni dei diritti umani da parte delle autorità  siriane e dalle milizie Shabbiha».

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