Indagato assessore, nuova tegola sulla governatrice

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ROMA — Sgretolato, fatto a pezzetti e, ormai quasi ogni giorno, passato al microscopio da un pubblico ministero. La faida, tra ex An e ex Forza Italia, che ha spaccato il Pdl laziale è ormai un sequel. Ieri, l’assessore regionale all’Agricoltura, Angela Birindelli, al suo secondo avviso di garanzia, ha rassegnato le dimissioni. E il sindaco di Viterbo, Giulio Marini, indagato per abuso d’ufficio, è stato interrogato. Ormai tutte le procure della regione indagano su un qualche aspetto del dissidio che ha messo in ginocchio gli azzurri. Fascicoli che si aprono e si fanno ogni giorno più spessi grazie a querele, denunce, segnalazioni. Poi, ancora, controquerele, controdenunce e contro segnalazioni. Tutte fatte da colleghi di partito. Inchieste, peraltro appena agli inizi, che fanno tremare il Popolo della Libertà  e che, ogni giorno, fanno perdere qualche pezzo. E ieri, da Roma, la scena si è spostata là  dove tutto era cominciato, a Viterbo. Un covo nero in cui ancora comanda la fazione ex An del partito, quella che lotta per non soccombere. Ma che ieri ha perso un’altra pedina.
I FONDI PER IL VINITALY
Il pubblico ministero di Viterbo Massimiliano Siddi ha interrogato il sindaco del capoluogo, Giulio Marini, accusato di abuso d’ufficio in concorso, appunto, con Angela Birindelli e con il commissario straordinario dell’Agenzia regionale per l’Agricoltura (Arsial), Erder Mazzocchi (che ha smentito di essere indagato). La vicenda riguarda lo stand della Regione Lazio al Vinitaly di Verona, un appalto che nel 2011 valeva 3 milioni di euro che, secondo l’accusa, sarebbe stato assegnato senza gara a un’azienda romana legata alla Birindelli (sulla vicenda l’Idv regionale aveva presentato un’interrogazione). Passa un anno, arriva il Vinitaly 2012. A ridosso dell’evento, l’azienda, sempre la stessa, comunica che non allestirà  il padiglione del Lazio se non viene pagata la fattura dell’anno precedente. La fiera è alle porte, la Birindelli è furiosa: inizia a fare una serie di telefonate per cercare di sbloccare il pagamento del 2011. Tra queste chiamate, ce ne sono alcune al sindaco di Viterbo (che era in contatto con l’imprenditore) e al commissario straordinario dell’Arsial. Alla fine, la Regione paga parte della fattura a Verona Fiere che, però, non rimborsa l’azienda e l’affare salta. Ma l’attenzione è concentrata sull’assegnazione e su quelle pressioni: i pm sono convinti che siano stati commessi vari illeciti. «Ho solo suggerito alla Birindelli, quando mi ha spiegato la storia, di cercare di darsi da fare per far effettuare il pagamento», ha detto ai pm Marini, difeso dall’avvocato Alessandro Diddi. Nei prossimi giorni verranno sentiti gli altri protagonisti.
LE FALSE FATTURE
Viterbo, ancora. Una seconda tranche su cui indaga Siddi riguarda le fatture gonfiate, quando non addirittura false, pubblicate da un quotidiano online per screditare Francesco Battistoni, il grande accusatore di Fiorito. Batman è stato sentito lunedì: il direttore della testata aveva detto che era stato Fiorito a dargli quelle fatture (le stesse che ha consegnato ai magistrati capitolini). Batman, che ha bollato quelle fatture come false, ha negato di averle consegnate lui. Nel verbale davanti ai pm di Roma (che ieri hanno iscritto per concorso in peculato i suoi due ex capi segreteria, Pierluigi Boschi e Bruno Galassi), Fiorito aveva raccontato che a fare le fotocopie delle fatture era stato Enzo Piso nel suo ufficio della Camera. Batman ha anche chiarito di non sapere quando sono state falsificate. Lo scopo, però, era chiaro: gettare fango su Battistoni, ex Forza Italia. Azzurri contro neri, appunto.
LA CAMPAGNA DI STAMPA
La scintilla che fa divampare l’incendio che da Viterbo arriva alla Pisana è il primo filone di inchiesta su cui indaga Viterbo. Quello che vede la Birindelli indagata, insieme ai giornalisti Paolo Giallorenzo e Viviana Tartaglini, per corruzione e tentata estorsione. L’indagine è iniziata per una denuncia di Battistoni che accusa la Birindelli di aver commissionato 18mila euro di inserzioni pubblicitarie al quotidiano per mettere in piedi una macchina del fango contro di lui. Era solo il primo atto. Gli schizzi sono arrivati molto lontano. Alle dimissioni della governatrice. E potrebbe non essere l’epilogo.


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