In corteo coi parenti, i commessi rivogliono la domenica libera
È la rivolta delle commesse — e dei commessi — di ipermercati e centri commerciali che il 7 ottobre (una domenica) manifesteranno in varie città d’Italia per dire no alle aperture domenicali introdotte dal governo Monti. Con loro, in piazza, porteranno i parenti, «vittime» anch’essi, seppure in via indiretta, del nuovo orario domenicale che, dicono i manifestanti, divide gli affetti ed entra a gamba tesa nella già difficile organizzazione familiare di chi lavora nel commercio.
L’iniziativa — che per ora coinvolge Modena, Ferrara, Bologna, Bergamo, Treviso, Pescara e Firenze ma si sta allargando alla Puglia e ancora di più in Veneto ed Emilia-Romagna — si chiama «Parenti domenica no grazie». A organizzare la protesta antiaperture sono i comitati «Domenica no grazie», piccoli gruppi nati spontaneamente in varie regioni (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Puglia, Abruzzo) e cresciuti su Facebook per iniziativa di alcune commesse e titolari di esercizi commerciali.
«Porteremo in piazza i nostri familiari perché sono anche loro parte in causa» spiega Valeria Ferrarini, 46 anni, da 17 commessa in un centro commerciale di Modena, cofondatrice con Gisella Marchetti del comitato antiliberalizzazioni modenese. Il 7 ottobre, a Modena, Valeria scenderà in piazza con il marito Carlo, al suo fianco nelle attività del comitato, e con il loro figlio di 8 anni: «Sono i bambini — dice — quelli che soffrono di più di questa situazione». Il gruppo modenese è nato questa primavera: «Nel nostro caso — continua Ferrarini — il decreto sulle liberalizzazioni viene a rompere un equilibrio raggiunto dopo mesi di trattative fra tre grandi centri commerciali cittadini per stabilire una turnazione domenicale». Il problema, spiega, c’è soprattutto per i singoli negozi che sono all’interno dei grandi ipermercati: «Per noi che abbiamo un personale ridotto garantire una turnazione è molto più difficile. E le nuove regole non hanno portato nuove assunzioni». Da qui l’idea del comitato cittadino, che riunisce circa un centinaio di persone e lavora in cordata con gli altri gruppi regionali: «In Toscana hanno cominciato prima di noi e sono più organizzati, per questo ci siamo uniti a loro». Insieme anche nella protesta del 7 di ottobre: «Ma ognuno nella sua città , perché con i turni di lavoro era impossibile riunirci tutti in un solo centro».
A Treviso, invece, la «pasionaria» delle commesse è Tiziana D’Andrea, 42 anni, un figlio: «Le aperture domenicali — scrive sulla sua pagina di Facebook — non hanno creato nuovi posti di lavoro, né fatturato. Hanno solo peggiorato la vita di molte famiglie». Nella città veneta a sfilare in corteo saranno solo i parenti dei lavoratori: commesse e commessi resteranno sul posto di lavoro.
Giulia Ziino
Related Articles
Il cibo abbonda, eppure la fame uccide
I dati del rapporto Fao, Ifad, Unicef, Wfp e Who mostrano un fenomeno in crescita: 38 milioni di affamati in più rispetto al 2015
Class action contro Facebook e Morgan in Borsa boccata d’ossigeno per il titolo
Al quarto giorno il calvario in Borsa si è interrotto e i mercati hanno dato tregua a Facebook. Ma i guai giudiziari promettono di durare ben più a lungo.
Quel debito che pesa nella tasca di Pechino
Pochi per incidere, troppi per perderci: adesso 1,6 trilioni di bond americani preoccupano la Cina