Immigrati, la sanatoria al rallentatore

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ROMA— Dovete mettere in regola un immigrato che lavora per voi? L’attesa è terminata: ieri mattina alle 8 è scattata la sanatoria 2012. Solo un mese di tempo per “denunciarsi”, poi chi rimarrà  invisibile rischierà  di incappare nelle nuove pene introdotte dalla “legge Rosarno”. I primi dati forniti dal Viminale parlano di 4.547 domande arrivate a www.interno. gov.it (in gran parte colf e badanti). Nessun boom insomma, anche se è presto per un bilancio. Ma è certo che sulla regolarizzazione pesano due incognite: il rischio truffe (che sempre accompagnano il business delle sanatorie) e il rischio flop. Per “regolarizzarsi” non c’è fretta: nessun click day stavolta, né quote massime, basta avere le carte in regola e presentare domanda entro il 15 ottobre. Tanti i migranti (gli irregolari secondo la fondazione Ismu sono oggi il 10,7%) che vedono concretizzarsi il miraggio di mettersi in regola: è dalla sanatoria del 2009 (limitata a colf e badanti) che non si apriva una tale finestra. Allora le domande furono 295.112. Quante saranno ora? Nel primo giorno il contatore si è fermato ben al di sotto delle cinquemila. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di colf e badanti. Il maggior numero di moduli è stato inviato dalla provincia di Napoli (790), seguita da quelle di Roma (742), Milano (670), Brescia (246) e Torino (171). Quanto alla nazionalità  del lavoratore da “sanare”, al primo posto ci sono gli indiani (843), seguiti da bengalesi (685), ucraini (493), cinesi (489), egiziani (478) e marocchini (351). I numeri finali potrebbero non essere altissimi: si va dai 150mila immigrati stimati dal ministro Andrea Riccardi ai 380mila della Fondazione Moressa. Chi ha ragione? Difficile dirlo. Una cosa è certa: da giorni sindacati e patronati denunciano il rischio flop. Per l’Inca Cgil le domande potrebbero non superare il 40% di quelle giunte nel 2009. Acli, Arci, Asgi, Centro Astalli, Cgil, Fcei, Sei-Ugl, Uil (che fanno parte del Tavolo Nazionale Immigrazione) denunciano che «le condizioni poste sono tali da far prevedere un possibile fallimento dell’operazione, limitandone fortemente la partecipazione e fornendo così una falsa rappresentazione delle situazioni da sanare, che apparirebbero molto meno numerose di quante siano in realtà ». A frenare la procedura sarebbero vari paletti, tra cui gli alti costi (si potrà  arrivare a spendere fino a 7mila euro a immigrato, tra contributo forfettario e arretrati contributivi e fiscali) e la difficoltà  di dimostrare la presenza in Italia del lavoratore straniero prima del 31 dicembre 2011. È questo il punto più controverso. La presenza in Italia dovrà  essere dimostrata con documenti provenienti da “organismi pubblici”. Quali? Saranno sufficienti decreti d’espulsione, certificati di pronto soccorso, richieste d’asilo. E poi? Non c’è un’interpretazione uniforme e il rischio è che ogni prefettura faccia da sé. Per questo i tecnici del Viminale fanno sapere che si sta lavorando a una circolare interpretativa e prevedono che «nei primi giorni la regolarizzazione potrebbe partire a rilento».


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