Il pressing delle imprese a favore di un Monti-bis “Garanzia per le riforme”

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CERNOBBIO — Non è ancora un plebiscito, ma quasi. Il mondo degli imprenditori e degli economisti riuniti a Cernobbio per il Workshop Ambrosetti è sempre più compatto nel chiedere a Mario Monti di proseguire la sua avventura a capo del governo italiano. Le modalità  tecniche con cui si ottenere un proseguimento dell’attuale governo non sono ben chiare nella mente degli interlocutori, ma il concetto e’ chiaro: il lavoro da fare in Italia è ancora lungo e non bisogna pensare che l’intervento della Bce abbia risolto tutti i problemi. «Monti ha aperto un percorso e sarebbe meglio se proseguisse — ha detto Marco Tronchetti Provera — la continuità  è importante». Più che altro industriali e banchieri stanno constatando che non vi sono in giro grandi alternative, nessuno per il momento ha presentato dei programmi in grado di tranquillizzare il mondo economico. «Lo ha detto chiaramente Napolitano, mi sembra che anche i detrattori dell’Europa stiano prendendo consapevolezza che soluzioni alternative sono più rischiose e costose per tutti», fa notare il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Enrico Cucchiani. «Però poi bisogna fare le cose e anche facendo quelle giuste i benefici si vedono con un certo ritardo». Il rischio che temono tutti, imprenditori e finanzieri, riguarda una nuova impennata dello spread, una maledizione che spingerebbe l’Italia di nuovo verso il default, come un anno fa. «L’Italia si salva se continua in questa politica seria, di riduzione della spesa pubblica, della burocrazia, della maggiore flessibilità  del lavoro — osserva Paolo Merloni, presidente di Ariston — chi predica una riduzione delle tasse ora deve anche dire dove va a fare i tagli per recuperare le risorse necessarie». Mentre Adolfo Guzzini, patron di Guzzini Illuminazione, ritiene che «questa classe politica non sia in grado di innovarsi: destra e sinistra non hanno leader nuovi e all’altezza, quindi è meglio proseguire con Monti, unico in grado di fare riforme strutturali». Anche le multinazionali operanti in Italia hanno le idee chiare. «Serve un governo stabile con buone idee come quelle del governo Monti — dice Nani Beccalli Falco, numero uno di Ge Europe — In Italia la produttività  è bassa, le cause giudiziarie troppo lunghe. Bisogna andare avanti sulla strada delle riforme ». Mentre Paolo Bertoluzzo, ad di Vodafone Italia e Sud Europa, ritiene che Monti «sta portando avanti sforzi di riforma importanti e sarebbe bene se potesse trovare il respiro temporale adeguato.
Anche in un secondo mandato, se fosse disponibile».
L’unico che va controcorrente nella platea che sostiene la permanenza dei tecnici al governo è Giulio Tremonti. L’ex ministro dell’Economia sta scrivendo il manifesto della propria lista civica, che punta a coagulare consenso in vista delle prossime elezioni. «Monti-bis? Dubito che nel prossimo Parlamento ci possano essere i numeri per una grande coalizione ». E ancora: «Siamo come nel ‘92-93, molti partiti scompariranno e prevedo un’astensionismo intorno al 40-50%». L’ex ministro ricorda le fasi cruciali dell’agosto di un anno fa quando arrivò la lettera della Bce che dettava l’agenda delle riforme e da lì cominciò la fine del governo Berlusconi. «Ci fu anche un’autoregia », rivela oggi Tremonti, parlando coi giornalisti. «Io la lettera non l’ho mai chiesta, uno che chiede la lettera alla Bce commette un errore a valle. Non la conoscevo, la ignoravo e invece la conoscevano tutti, penso anche il Quirinale». Oggi, dopo dieci mesi di governo Monti, la situazione è peggiorata, secondo l’ex ministro. La recessione avanza, lo spread è sempre alto. «L’intervento della Bce può far bene ma bisogna vedere se è compatibile con la democrazia». E Davide Serra, gestore del fondo Algebris, dà  invece per scontato che il programma del prossimo governo lo detterà  in ogni caso la Bce: «bisognerà  solo vedere chi riuscirà  a interpretarlo al meglio. Altrimenti il paese andrà  in malora».


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