Il pensiero torna critico

by Sergio Segio | 17 Settembre 2012 7:57

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MODENA — Il successo popolare che sta riscuotendo la filosofia, come si registra dalle presenze (180 mila) nei tre giorni del «festival filosofia» di Modena appena chiuso, dalla diffusione di programmi tv e, ora, anche dalle lezioni in dvd del «Corriere della Sera», rivela il «volto terapeutico» di questa disciplina di fronte alla crisi economica e allo spaesamento dell’individuo. Un volto disciplinare che utilizza anche nuovi strumenti, come video, streaming e, a Modena, distributori automatici di libri: è un marketing che ha coinvolto negozi, ristoranti con menù «filosofici» anche a prezzo politico (4,5 euro per un pasto) e brand persino sui tovagliolini di carta dei bar. Un volto terapeutico ottenuto grazie alla connessione con altre discipline (secondo una logica che solo il ministero dell’Università  sembra faticare a riconoscere) e al definirsi della filosofia entro il perimetro della critica della cultura, specie dell’economia e della società .

I filosofi dell’età  dei festival e dei dvd organizzano le cosiddette Scienze umane, che scienze non sono (lo diceva già  Popper), in un sapere discorsivo, in dispositivi di comprensione sulla base dei quali ordinare le scelte politiche, economiche e sociali. E questi mezzi di diffusione assolvono, nell’età  postmoderna e culturalizzata, parte delle funzioni aggregative e di conferimento di senso che erano proprie delle feste popolari e delle predicazioni. I dvd inoltre, come afferma lo storico della cultura Krzystof Pomian, «assolvono la funzione di conservare e trasmettere questi contributi discorsivi». E sono essi stessi parte di quella «economia immateriale, nella quale l’uomo crea oggetti sociali dotati di potere», come afferma il linguista di Berkeley John Searle.
A dire il vero, però, proprio marketing, mercificazione, tecnologie immateriali, nonché il tema della libertà  individuale (il primo affrontato nei dvd proposti dal «Corriere»), sono gli argomenti finiti più nel mirino nella tre giorni del «festival filosofia» di Modena-Carpi-Sassuolo (che l’anno prossimo sarà  dedicato al tema «amare»). In tempo di crisi e, nel caso di Modena, su un territorio devastato dall’evento sismico, interrogarsi sulle cose reali e virtuali ha significato per diversi pensatori criticare il mondo dei consumi, degli individui ridotti a merce e del saccheggio del patrimonio comune (anche urbano) e delineare un quadro di precarietà , manipolazione e «vetrinizzazione» (termine coniato dal filosofo Vanni Codeluppi) dell’individuo e della società . Ma mentre le analisi — che sono quelle nelle quali un pubblico di professori e studenti «progressisti» trova rassicurazione — appaiono affascinanti, più difficile è indicare opzioni praticabili. Perché, si sa… l’arte, la letteratura, la filosofia ecc. pongono problemi, che dovrebbero risolvere altri (chi, la politica?).
Zygmunt Bauman, una delle star di ogni festival e anche di quello di Modena, è tra i più determinati nella critica alla cultura dei consumi. «Il consumismo ha trasformato il senso degli oggetti, chiamati solo a soddisfare desideri. Abbiamo trapiantato i rapporti consumistici anche tra gli individui. Oggi il fine è sempre la soddisfazione personale senza reciprocità . Ma ciò genera ansia di abbandono, timore di essere sostituibili, che certo non si placa attraverso l’uso di Facebook o Twitter, che sono strumenti senza colpa, ma oggi utilizzati per creare relazioni inaffidabili e prive di aspetto morale». Insomma, siamo (sempre) al tema dell’utilizzo della tecnologia e del marketing…
«Non ci sono salvatori — risponde Bauman alla richiesta di soluzioni — ma non si può continuare a pensare che solo aumentando il Pil si risolvano i problemi. Tra 30 anni il pianeta consumerà  5 volte quello che ha a disposizione. Dove troveremo altri 4 pianeti da saccheggiare? Penso che o ci sarà  una guerra globale per la ridistribuzione oppure dobbiamo ribilanciare il rapporto tra potere e politica».
Anche per Remo Bodei il consumismo è stato un modo per soddisfare desideri a lungo repressi nell’epoca della penuria. «Ma oggi, individualismo e iperconsumo hanno ridotto gli oggetti e gli esseri umani a merce, privandoli di valore. I cellulari contengono un minerale radioattivo che ha causato tumori e guerre: la merce è anche sfruttamento». Soluzioni? «Ritrasformare l’oggetto in cosa, ovvero ciò per cui si ha interesse. Dobbiamo riconoscere nelle cose il deposito delle impronte dell’altro, la stratificazione, e impegnarci nell’esaltare valori non economicamente misurabili».
Perché oggi l’uomo e la società , aggiunge Codeluppi, «sono ridotti a vetrina, merce da esporre. La prostituzione è una forma di corpo in vetrina sul marciapiede, la trasformazione delle città  in luoghi di shopping, quella dei musei in ottica commerciale sono tutte espressioni di un mondo ridotto a reality».
La tecnologia, dunque, se non ben sfruttata negli scopi, riduce l’esistenza a merce momentanea ed instabile, diventa «mega-macchina» (Latouche) che domina l’esistenza, consuma gli individui e fette di territorio, come ricorda Salvatore Settis: «Tutto si iscrive nel consumo, siamo un Paese sismico dove non si fa prevenzione, dove nel 1996 le sovrintendenze avevano più mezzi a disposizione e dove i continui condoni edilizi mostrano la precarietà  dell’applicazione delle leggi». Su cosa fare anche per il territorio offre una risposta il curatore del Maxxi, Pippo Ciorra: «Proporre il riciclo come dispositivo concettuale che impegna la società  sia di fronte alle catastrofi che al decremento demografico».
Oggetto, merce, patrimonio, memoria, libertà , tecnologia, divisione e controllo delle risorse sono temi che la filosofia, anche attraverso nuovi strumenti, pone oggi all’attenzione con foucaultiana capacità  di organizzare statuti discorsivi che non impegnano più sul piano della Metafisica o della logica della conoscenza e lasciano a terzi la responsabilità  delle conseguenze. Salvo quando questi terzi sono filosofi come Massimo Cacciari (presente al festival e anche nella iniziativa del «Corriere») o altri che assumono responsabilità  anche sul piano politico e gestionale.

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