by Sergio Segio | 25 Settembre 2012 6:48
Accusando «un consiglio regionale indegno». Promettendo che «continuerà a fare politica» e riconoscendo all’Udc di essere stata al suo fianco in queste ore concitate. Rispetto ad appena tre giorni prima, quando la Polverini aveva celebrato il rito collettivo dell’autoassoluzione, è cambiato tutto.
Ma le ultime ore prima del passo indietro confermano che il collasso del Lazio è certamente figlio dell’implosione del centrodestra. Il fiume di soldi pubblici sprecati nelle spese più capricciose, però, chiama in causa l’intero sistema dei partiti. E quanti a livello nazionale hanno frenato l’uscita di scena della Polverini, ne escono male quanto lei. Si è detto che a dare la spallata decisiva alla giunta possa essere stato il giudizio netto, sferzante, pronunciato ieri dal presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco.
Il capo dei vescovi ieri si è scagliato contro «il reticolo di corruttele e scandali» a livello nazionale e locale, «che la politica continua a sottovalutare». Il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, avrebbe allora deciso di fare uscire dalla maggioranza del Lazio i suoi consiglieri. In realtà , la situazione aveva preso una piega inesorabile dopo gli incontri della Polverini col premier, Mario Monti; dopo l’ennesimo colloquio col segretario del Pdl, Angelino Alfano, inizialmente contrario alle dimissioni, come Silvio Berlusconi; e con la rissa sguaiata nel centrodestra, acuita dalle inchieste della magistratura.
A conferma dell’imbarazzo generale sullo scandalo dei fondi ai partiti, le dimissioni delle opposizioni sono arrivate solo quando si è delineata una deriva senza ritorno. L’assaggio è stato regalato dal governatore uscente, che ha scaricato le responsabilità sul consiglio regionale, composto a suo avviso da «vili e codardi»: attacco esplicito all’opposizione di sinistra. Ma il bersaglio più esposto è destinato a rimanere il Pdl. Dovrà affrontare le conseguenze politiche e giudiziarie del fallimento; e una guerra nelle proprie file, foriera di tensioni e rese dei conti.
«Questa storia», ha ricordato, «nasce per una faida interna al Pdl che non consegnò la lista alle elezioni». Furono inseriti i personaggi più improbabili, e rimase sotto traccia un conflitto riaffiorato ora nelle forme più virulente e destabilizzanti. L’allusione polemica della Polverini a «personaggi ameni che si aggiravano per l’Europa» lascia indovinare l’apertura di un fronte polemico anche nei confronti del vicepresidente della Commissione Ue, Antonio Tajani: uno dei plenipotenziari berlusconiani nella regione, ritenuto dal governatore uno dei registi della crisi. Ma su questo sfondo di veleni, c’è da chiedersi come andrà alle elezioni il Pdl. E non solo nel Lazio.
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