Il Lingotto punta sugli sgravi all’export ma la carta coperta è la cassa in deroga

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CI SONO volute cinque ore e una notevole abilità  diplomatica. Ma alla fine il comunicato congiunto tra governo e Fiat ha salvato almeno la forma.
Il destino degli stabilimenti, specie Pomigliano e Mirafiori, di fronte al crollo della produzione, la necessità  di una revisione dei contratti aziendali e uno sforzo da parte dello Stato per concedere la cassa integrazione in deroga. Sono questi i punti da discutere sul tavolo governo-Fiat delle prossime settimane. Il vero traguardo è trasformare in realtà  la richiesta di Marchionne: “Voglio poter produrre in Italia le auto che mi chiede il mercato americano, ma bisogna creare le condizioni”.
L’istituzione di sgravi fiscali e agevolazioni per le aziende italiane che esportano fuori dall’unione Europa, può essere la formula per aiutare la Fiat ma anche alle altre imprese in difficoltà 
RINVIANDO la sostanza a un successivo tavolo di trattativa al Ministero dello Sviluppo. Si è così evitato che le due parti proponessero due comunicati diversi, come la Fiat si era preparata a fare. Tra le righe del testo comune si leggono infatti tutti i nodi che restano da sciogliere per capire se e come la Fiat rimarrà  in Italia. Il Lingotto garantisce che si impegna «a salvaguardare la presenza del gruppo» nella Penisola. Frase per il momento generica che non dice se quella presenza rimarrà  l’attuale o verrà  diminuita e come. Il destino dei singoli stabilimenti sarà  dunque affrontato al ministero dello Sviluppo insieme al secondo grande problema che si apre, quello della cassa integrazione in deroga. Nel testo diffuso ieri sera si legge infatti che «Fiat ha confermato la strategia dell’azienda a investire in Italia nel momento idoneo», dunque, come ha dichiarato Marchionne a Repubblica, non prima del 2014. Come si supera questo lungo periodo di non lavoro? Il problema si pone soprattutto a Mirafiori e a Pomigliano.
I NODI DI MIRAFIORI E POMIGLIANO
Nella fabbrica torinese l’eventuale blocco dell’investimento sui due nuovi suv destinati all’esportazione negli Stati Uniti farebbe cessare immediatamente il ricorso alla cassa integrazione straordinaria, oggi giustificata proprio con la ristrutturazione legata a quell’investimento.
Se dunque la Fiat decidesse di rinviare di un anno l’avvio della produzione (ieri sera il Lingotto non chiariva questo aspetto) il costo di un anno di cassa in deroga per i 5.000 addetti dello stabilimento sarebbe di circa 50 milioni di euro a carico dell’erario.
A Pomigliano l’attuale cassa integrazione scade a luglio e ci sono circa 2.000 dipendenti che rischiano di rimanere senza copertura. Ieri comunque Sergio Marchionne non ha posto ufficialmente il tema della cassa integrazione (forse per evitare l’accusa di voler pretendere aiuti pubblici) lasciando che la questione venga affrontata nei successivi tavoli di trattativa. Il terzo capitolo da affrontare è in quelli che l’azienda definisce nel comunicato congiunto «requisiti e condizioni per il rafforzamento della capacità  competitiva dell’azienda». Una frase generica che comprende una serie di misure alle quali il ministero di Corrado Passera sta lavorando da tempo.
LE AGEVOLAZIONI
«Voglio poter produrre in Italia le auto che mi chiede il mercato americano », ha detto l’ad del Lingotto aggiungendo che per farlo «è necessario creare le condizioni». Si tratta di istituire sgravi fiscali e agevolazioni per le aziende italiane che esportano fuori dall’unione Europa, una formula che servirebbe alla Fiat ma anche alle altre aziende italiane. Si tratta anche in questo caso di semplificare norme e di avviare una attuativa di dettaglio con il ministero. La Fiat pensa di esportare in Usa non solo auto finite ma anche parti di auto come motori e particolari da montare sulle vetture Chrysler.
LE RELAZIONI SINDACALI
Infine l’ultima preoccupazione espressa da Marchionne è quella che riguarda le regole delle relazioni sindacali: «Così come sono oggi vanno bene — avrebbe detto l’ad del Lingotto — ma temo quel che potrebbe accadere in Parlamento con la modifica di alcune norme». La preoccupazione di Marchionne riguarda i progetti di modifica dell’articolo 8 della legge Sacconi, quella che estende a tutti i sindacati l’obbligo di rispettare accordi sottoscritti dalla maggioranza dei lavoratori. Il quadro che emerge a fine riunione è dunque quello di una trattativa a governo e azienda che dovrebbe procedere nelle prossime settimane. Plausibilmente per concludersi euro fine ottobre quando il Lingotto dovrà  annunciare il nuovo piano di produzione negli stabilimenti italiani, quello destinato a sostituire Fabbrica Italia


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