Il decisionismo della Federal reserve aiuterà  Obama e Mario Draghi

by Sergio Segio | 1 Settembre 2012 6:35

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La banca centrale americana si mobilita, ancora una volta, in uno sforzo di sostegno alla crescita e all’occupazione. Ben Bernanke annuncia subito, senza riserve e senza esitazioni, quelle politiche di generoso acquisto di bond che Mario Draghi vorrebbe poter imitare. Si riapre il divario di politiche monetarie tra le due sponde dell’Atlantico, con la Federal Reserve libera di agire e la Bce frenata da critiche e dissensi interni. Il discorso di Bernanke al raduno annuo di Jackson Hole – dove Draghi ha dovuto dare forfait per rimanere a Francoforte ad affrontare le faide interne – non lascia spazio a dubbi d’interpretazione. Il presidente della Fed denuncia una «crisi occupazionale preoccupante», avverte che i problemi irrisolti dell’eurozona accentuano l’incertezza globale. Ne trae una conseguenza limpida: la banca centrale Usa non può tirarsi indietro. Fu già  “interventista” al massimo dal 2008 al 2011 con vasti programmi di acquisto di titoli pubblici, che servono a irrorare di liquidità  il sistema, e a tener basso il costo del denaro. Lo farà  di nuovo. Bernanke, pur essendo repubblicano e nominato da George Bush, ignora platealmente le critiche della destra che lo accusano di aiutare Obama, non si cura delle minacce di Romney di non rinnovargli il mandato. Risponde alla sua fronda interna, i falchi del rigore monetario che paventano effetti inflazionistici: «Essenziale è che ci sia un progresso sul fronte dell’occupazione». E’ una filosofia agli antipodi rispetto a quella della Bundesbank tedesca, poi tracimata negli statuti della Bce, il cui unico compito istituzionale è fare la guardia alla stabilità  dei prezzi. Le differenze tra le due banche centrali non escludono che l’una aiuti l’altra. In questo caso, Bernanke oggettivamente dà  una mano non solo a Obama ma anche al suo amico Draghi. La presa di posizione netta e decisionista della Fed, rafforza le tesi di Draghi alle prese con l’ennesima rivolta della “corrente tedesca” in seno alla Bce. Se Draghi non ottiene un mandato per gli acquisti di bond italiani e spagnoli, l’asimmetrìa tra le due sponde dell’Atlantico diventerà  insostenibile. Un’America sotto terapia intensiva con pesanti dosi di liquidità , finirebbe per beneficiare di nuovo di un dollaro debole: uno shock competitivo ingovernabile per i Paesi della periferia dell’eurozona come Italia e Spagna. E stiamo parlando di una nazione, l’America, che cresce comunque a un ritmo vicino al 2% annuo mentre il Vecchio continente è tornato in recessione. Un’America che si straccia le vesti, legittimamente, per un tasso di disoccupazione dell’8,3% cioè due punti inferiore a quello europeo. Un’America dove viene definita “asfittica” la ripresa che crea 170.000 posti di lavoro netti in un mese (dato di luglio). Ma nel discorso di Bernanke c’è dell’altro. E’ l’ammissione che perfino le “misure anticonvenzionali” della banca centrale hanno un’efficacia ridotta, se non vengono accompagnate da politiche di bilancio adeguate a sostenere la crescita. L’ammissione di Bernanke è significativa. Dal dicembre 2008 fino all’anno scorso la sua banca centrale ha speso ben 2.300 miliardi di dollari per acquistare titoli e schiacciare verso il basso i tassi d’interesse: è quello che in gergo viene chiamato “quantitative easing”, di fatto un pompaggio di liquidità  perché per comprare titoli la Fed deve stampare più moneta. Ma il primo destinatario di questo aiuto è il sistema della banche. In che misura la liquidità  aggiuntiva si trasmette al resto dell’economia, cioè consumatori e imprese? In parte qualche beneficio si comincia ad avvertire: per esempio un inizio di ripresa del mercato immobiliare, il “buco nero” da cui ebbe origine la grande crisi del 2008. Ma tanta parte della liquidità  offerta dalla Fed rimane nel circuito bancario e non aiuta l’economia reale. Il problema era noto fin dai tempi di John Maynard Keynes, il quale immaginò una politica ancora più “anticonvenzionale”: scavare buche e seppellirci dentro banconote, perché la gente andasse a cercarsele. Un modo per fare arrivare lo stimolo monetario fino alle tasche dei consumatori. Lo stesso Bernanke, rielaborando alcune teorie del monetarista Milton Friedman, immaginò una versione moderna: mandare elicotteri sui cieli degli Stati Uniti a sparpagliare banconote verso la popolazione. Si tratta naturalmente di immagini metaforiche e paradossali. Che indicano però un problema molto serio: l’equivalente dell’elicottero di Bernanke, è una banca centrale che stampi moneta per finanziare direttamente nuove spese statali, per esempio nelle infrastrutture. Purtroppo non ne esistono le condizioni politiche: né in Germania, e neppure al Congresso degli Stati Uniti dove i repubblicani bloccano da due anni qualsiasi spesa pubblica aggiuntiva.

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