Il contagio della piazza non tocca l’Italia

by Sergio Segio | 28 Settembre 2012 8:10

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ROMA — L’anomalia italiana si chiama “governo tecnico” sostenuto da una grande coalizione. Se le piazze nostrane restano vuote mentre si riempiono quelle madrilene e quelle di Atene e Salonicco per protestare contro le politiche di austerity è soprattutto perché da noi manca un’opposizione di sinistra che faccia da sponda ai movimenti sociali. La tesi emerge da un’indagine in progress (“La politica sotterranea”) che sta realizzando un gruppo di ricercatori, guidati da Donatella Della Porta, professoressa di sociologia presso l’Istituto universitario europeo di Firenze, con il coordinamento della London School of Economics. C’è il contagio della speculazione, non quello della protesta. La moneta unica non ha unificato le piazze, un po’ come con lo spread.
Certo, ci sono le proteste dei lavoratori dell’Alcoa, degli operai dell’Ilva, dei minatori del Carbosulcis, dei cassintegrati della Fiat di Termini Imerese. Addirittura gli scioperi sono aumentati nell’ultimo anno del 25 per cento. Qua e là  affiorano pure proteste dei precari. Ma ciascun gruppo protesta per sé, spesso scegliendo forme estreme: la discesa a quattrocento metri di profondità , le notti sui tralicci o sulle torri a sessanta metri di altezza. Qualche anno fa la salita sui tetti dei ricercatori. Nessuno, però, unifica le proteste. Non c’è un collettore. Nemmeno i sindacati lo sono, nonostante siano quasi sempre parti della protesta. Ma pesano le loro divisioni e lo scarso appeal tra i movimenti sociali di base.
Dice Della Porta: «Le politiche che gli economisti definiscono liberiste non hanno risentito del passaggio da Berlusconi a Monti, al netto della delegittimazione e dell’inaffidabilità  del primo. Ma quanto c’era il governo di centro-destra tutta una serie di organizzazioni più o meno vicine al Pd andava in piazza, offriva le risorse logistiche, mentre ora frena».
Perché, al di là  dello spontaneismo dei movimenti modello indignados od occupy, una protesta richiede uno sbocco politico. Chi va in piazza deve anche pensare che le proprie ragioni troveranno ascolto in Parlamento, quella che i ricercatori chiamano «opportunità  politica». Altrimenti muta la natura della protesta che diventa testimonianza. Nel Parlamento italiano — sostiene Della Porta — «c’è una grande coalizione, anche se non si può dire dopo lo scontro nella stagione del berlusconismo». Questa è l’anomalia. Perché nella stagione dell’emergenza finanziaria, non c’è spazio per la formula antica dei “partiti di lotta e di governo”.

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