Il Cavaliere: vicenda squallida E adesso si cambia tutto
ROMA — Ci hanno provato fino all’ultimo a resistere alla valanga che solo in pochi avevano saputo prevedere nelle sue reali dimensioni una settimana fa, quando lo scandalo è esploso. Non Silvio Berlusconi, che alla Polverini fin dal primo momento aveva chiesto di «resistere», perché il muro del Pdl e delle sue regioni non cedesse. Non Angelino Alfano, che solo ieri pomeriggio, quando era diventato evidente che l’ormai ex governatrice del Lazio non aveva più i numeri in Consiglio e tantomeno la voglia di rimanerci, le ha detto che «non si resta a dispetto dei santi, se pensi che non hai più dietro la forza per andare avanti, lascia». Non i colonnelli laziali e nazionali in faida perenne e, alla fine, alla conta delle rispettive macerie.
Come era inevitabile, non ce l’hanno fatta. E adesso raccontano di un Berlusconi «amareggiato», deluso, assolutamente colpito da «una vicenda squallida» le cui dimensioni non immaginava ma della quale oggi certo non sottovaluta la portata. E infatti ieri, quando ha sentito la Polverini, quando ha avuto chiaro che il quadro non era ricomponibile e andare avanti in una guerriglia senza fine avrebbe fatto male a tutti, ha convenuto che «sì, Renata, forse la cosa migliore è lasciare». Mettendo un punto, andando a capo e rovesciando il tavolo. Per ricominciare da zero, o quasi.
«Questo è solo l’inizio. Adesso si cambia tutto», diceva ai suoi ieri il Cavaliere, deciso a dare un senso concreto alle parole che nel Pdl tutti ripetono come un mantra, «trasparenza», «basta guerre intestine», «via i ladri», «pulizia», «rinnovamento». L’idea ancora deve essere messa a punto nei suoi particolari, ma quello a cui pensa l’ex premier, che ne parlerà con i vertici del partito in un ufficio di Presidenza che dovrebbe tenersi già domani, è il progetto di nuovo contenitore — magari federativo — delle diverse anime, nel quale possa tornare a spiccare quella originaria che diede vita a Forza Italia nel ’94, ovviamente riveduta e corretta. E dunque torna a farsi forte l’ipotesi dello «spacchettamento» tra ex An e ex FI se i primi non ci staranno, come quella di una sorta di lista civica nazionale o comunque di un movimento con nuovo nome, nuovo simbolo, nuovi candidati e nuovi vertici, almeno in larga parte.
Un’impresa, più che un cambio di rotta. Non necessariamente destinata a decollare. Perché, come dice un dirigente del partito «il Pdl non è Forza Italia, non è una cosa che puoi archiviare da un giorno all’altro, ci sono regole, statuti, patti depositati…». E dunque il percorso, se verrà intrapreso, dovrà essere condiviso. Anche dai vertici dell’attuale partito, che comunque stanno tentando di mettere a punto le prime mosse.
Già ieri — in una giornata caotica, nella quale c’era chi insisteva per non mollare sulla Polverini «perché così perdiamo il Lazio, inizia lo sfacelo», altri (dalla Santanché a Galan a Napoli) chiedevano di staccare la spina a un’esperienza che non poteva che portare a guai peggiori — Alfano dopo essersi speso per una mediazione ha riunito i vertici in via dell’Umiltà e ha cominciato ad affrontare il tema dell’azzeramento dei coordinatori regionali. E dei controlli che dovranno essere «sempre più capillari, più incisivi, per cacciare le mele marce dal Pdl».
Oggi il segretario vedrà , assieme a Berlusconi, i capigruppo e i coordinatori delle Regioni per capire se altri casi Lazio sono in vista e possono essere anticipati, se altri Fiorito si aggirano a minacciare l’esistenza stessa di un partito in crisi nera. E la controffensiva dovrà essere forte e dura, se già all’interno le acque si agitano sempre più, se i sindaci rottamatori guidati dal primo cittadino di Pavia Alessandro Cattaneo protestano («Noi l’avevamo detto per tempo ma siamo rimasti inascoltati, ora serve rinnovo e merito») e si preparano a chiedere l’azzeramento di tutti i vertici del Pdl e il superamento di Berlusconi.
Insomma, la situazione è serissima, e stavolta sarà difficile limitarsi a un ritocco di maquillage solo annunciato. Ma la sensazione è che si possa arrivare a un braccio di ferro tra le anime del Pdl, perché quella che Cicchitto chiama la doverosa lettura «degli errori commessi» non porta alle stesse soluzioni. «Se Berlusconi spacca tutto — avverte un big del Pdl — resterà con nulla in mano e non si salverà nemmeno lui: la Minetti mezza nuda, i processi, la carica vincente che non c’è più dovrebbero sconsigliargli nuovi predellini».
Paola Di Caro
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