by Sergio Segio | 14 Settembre 2012 7:47
IL CAIRO — Una nebbia venefica avvolge le strade di Garden City, il quartiere delle ambasciate che si trova alle spalle di Piazza Tahrir, la piazza della rivoluzione, la piazza del popolo egiziano. Dalla prima mattina gruppi di giovani musulmani, molti jeans e poche barbe salafite, hanno cercato nuovamente di raggiungere l’ambasciata americana, già assaltata martedì scorso. I famigerati gas lacrimogeni “Made in Usa”, già tristemente noti durante la rivoluzione del febbraio 2011, sparati senza risparmio hanno tenuto a distanza di sicurezza i gruppetti di ragazzi che armati di pietre cercavano di raggiungere la Tawfik Diab, la strada da cui si accede all’ingresso del vasto compound che ospita i diplomatici americani. Blindati e cavalli di frisia sbarrano ogni possibilità di passaggio, la sede diplomatica del resto è vuota già da qualche giorno. La polizia anti-sommossa controlla che la rabbia non si avvicini più di tanto, ha ricevuto l’ordine di avere la “mano leggera” ma ferma: nessuno scontro con la folla se non ci sono tentativi di assalto alla ambasciata, ma soprattutto nessun uso delle armi. A fine giornata fra agenti e manifestanti ci saranno “solo” 224 feriti. Il nuovo potere egiziano della Fratellanza musulmana vuole dimostrare di poter far fronte all’emergenza, di poter garantire la sicurezza senza mandare i tank per le strade. Senza un eccessivo uso della forza come invece è accaduto a Sanaa nello Yemen dove la polizia è stata costretta a sparare, e un manifestante è stato ucciso, per tenere lontana dall’ambasciata Usa la folla che voleva assaltarla. L’offesa al Profeta Maometto, con il film blasfemo “L’Innocenza dei musulmani” prodotto negli Stati Uniti messo in rete doppiato anche in lingua araba, scuote tutte le Piazze arabe e asiatiche, da Kabul al Cairo. Mentre i manifestanti lanciavano sassi e qualche molotov contro le forze dell’ordine che rispondevano con un fitto lancio di lacrimogeni, Morsi — che in questo momento si trova in Italia per la sua prima visita ufficiale in un Paese europeo — è apparso in video alla televisione pubblica subito dopo una telefonata col presidente Usa Barack Obama. Morsi ha detto chiaramente di respingere qualsiasi tipo di insulto al profeta Maometto, ma allo stesso tempo ha ribadito che il diritto di espressione e di manifestare non deve arrivare all’aggressione delle ambasciate e alla violenza. Il profeta Maometto è una «linea rossa intoccabile», ha detto il presidente, facendosi pubblico difensore dei valori islamici in un paese come l’Egitto dove si fa sempre più sentire la presenza della componente più integralista dei salafiti (il secondo Partito nel Parlamento), che hanno chiesto a Morsi di rompere qualsiasi collaborazione con gli Usa, fino a quando non arriveranno le loro scuse formali. Attento a calibrare il suo messaggio verso l’estero, Morsi sostiene che l’Egitto farà di tutto per proteggere i cittadini stranieri sul suo territorio. E’ la richiesta esplicita venuta dal presidente Usa Barack Obama che ha definito l’Egitto al momento «né alleato né nemico», eppure per gli aiuti finanziari e militari che il Cairo riceve da Washington è secondo solo a Israele con più di 2 miliardi di dollari l’anno. «Noi condanniamo ciò che è accaduto a Bengasi » ha affermato Morsi, perché «sappiamo che uccidere persone innocenti è contrario all’Islam; garantiamo il diritto di manifestare e di esprimere opinioni, ma senza attaccare proprietà pubbliche o private, missioni diplomatiche o ambasciate». Ieri sera la maggior parte degli scontri si limitava alle strade nei pressi della moschea di Omar Makram e Piazza Simon Bolivar Square, mentre nella vicina Piazza Tahrir si montavano tende per un presidio notturno. «Noi da qui non ce ne andiamo», spiega Ahmed Khalil, uno delle decine di ragazzi che hanno deciso di passare la notte in piazza. «Puoi scriverlo: non sono né della Fratellanza né sono un salafita, ma il Profeta non si tocca, nessuno se ne andrà se non ci chiedono scusa ». Manifestanti e squadre antisommossa si fronteggiano così per la prima notte in attesa della annunciata protesta di oggi, all’uscita dalla preghiera di mezzogiorno, quando inizierà la grande manifestazione convocata dal partito dei Fratelli musulmani contro il film blasfemo e le offese al Profeta. Appelli alla calma sono stati ripetuti dalle radio e dalle tv per una protesta pacifica mentre il ministro dell’Interno ha ordinato moderazione alle forze dell’ordine. Ma molti movimenti salafiti, hanno annunciato altre manifestazioni e proteste dopo la preghiera del venerdì. La tensione è palpabile, su questa prova di piazza il “nuovo Egitto” del presidente Morsi e della Fratellanza musulmana si giocano molta della loro credibilità come partner affidabili per l’intero Occidente.
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