I moderati dei non-luoghi
L’antropologo francese mette subito in chiaro che le riflessioni consegnate al diario attingono appunto all’attualità politica e sociale – la crisi economica, il blocco nella costruzione politica dell’Europa, il lungo avvio della campagna elettorale francese, l’elezione di Barack Obama – per distillarne temi e argomenti che attengono alla contemporaneità . Così la crisi economica serve a mettere in evidenza una frammentazione sociale che non trova antidoti politici adeguati. E questo vale nel vecchio continente, ma anche al di là dell’Oceano. La crisi è soprattutto, per Augé, crisi dell’etica del lavoro, disoccupazione di massa e aumento della povertà . Ma anche un’occasione per ripensare radicalmente le forme del consumo. Non per inseguire il sogno palingenetico della decrescita, ma per un più pragmatico «buon vivere», prospettiva che dovrebbe essere assunta come discriminante da una moribonda sinistra, che non sa fare altro che invocare il dio della crescita, invece che sfruttare questa opportunità per ridimensionare il potere del mercato, attraverso, appunto, una diversa organizzazione di un morigerato consumo. Altro tema che emerge è la difficile difesa della laicità dello stato dal protagonismo del fondamentalismo cristiano. L’autore mette in evidenza aporie e contraddizioni emerse nella discussione pubblica francese, ma anche statunitense – Obama è liquidato come espressione di una personalità autoritaria -, laddove considera l’invito alla tolleranza religiosa come contraltare dell’egemonia della fede «indigena» su, ad esempio, l’islam. Per il teorico dei non-luoghi non potevano mancare osservazioni sulle metropoli e di come i luoghi paradigmatici dei non-luoghi – gli aeroporti e i motel – siano propedeutici a una socialità dettata dalla contingenza, senza che questo neghi la possibilità di incontri intensi e non effimeri. Augé usa ironia, distacco, spesso sfociando in uno stile autobiografico che distoglie l’attenzione e distrae nel seguirlo nel suo viaggio. Ci sono invece pagine godibilissime di critica al moderatismo e della corsa al «centro». Come non concordare con l’antropologo francese quando ricorda che la moderazione è sempre conferma dell’ordine costituito; così come l’invito ad usare toni politicamente corretti serve sempre a confermare il punto di vista dominante. Augé, tuttavia, non è un radicale, ma chiede solo la fine di una cappa culturale che rischia di cancellare ogni tendenza trasformatrice della realtà . Anche perché la convergenza verso il «centro» politico rafforza, più che indebolire il punto di vista di una destra radicale, che mette a nudo le ipocrisie del «politicamente corretto». Consegnando, si potrebbe aggiungere, i settori sociali più colpiti dalla crisi a ripiegamenti nazionalisti, xenofobi e razzisti. Il diario di viaggio di Marc Augé si interrompe proprio quanto l’attualità fa registrare tutti i temi affrontati sono «fuori rotta». Sarkozy è sconfitto, Obama arranca dietro una rivitalizzata destra americana, iniziano le primavere arabe, e l’Europa vede il consolidamento dell’egemonia tedesca nel vecchio continente.
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