by Sergio Segio | 1 Settembre 2012 6:50
BRESCIA — «Sono arrivati i nuovi fassisti». Toccata e fuga da sturm und drang quella di Beppe Grillo ieri sera alla festa del Movimento 5 stelle di Brescia. Grillo arriva a sorpresa su un’auto elettrica e in poco più di dieci minuti scompagina quella che doveva essere la giornata dedicata ai quattro sindaci grillini di Parma, Mira, Sarego e Comacchio. Giacca bianca su camicia rosa il comico genovese si fa largo fra il fango e i duecento sostenitori sistemati alla bell’e meglio sotto il tendone del ristorante riattato in auditorium dopo i piovaschi del pomeriggio e sciorina la sua antologia. Ambiente, finanza e politica. «Sono arrivati i nuovi fassisti — urla al microfono —. Vi porto una notizia fresca, l’inceneritore di Parma non si farà , è stato bloccato dalla Procura. Si è rotto un gioco e questo è solo l’inizio». Grillo non è lì da protagonista, ma lo diventa subito. E lo sa e ci scherza. «Sono qui solo per salutare i nostri sindaci e per mangiare qualcosa con voi, ma tanto lo so che domani (oggi, ndr) non si parlerà che di me. Quindi vi dico che le vostre salamelle non sono ancora buone come quelle delle feste dell’Unità ». I grillini ascoltano il leader e applaudono. Gli organizzatori vestono grembiuli e magliette bianche con la scritta «Cinque stelle». Tra decine di macchine fotografiche e telecamere amatoriali. Quasi ci fossero più blogger indipendenti e attivisti da social media che iscritti di partito in questo popolo che rifiuta la politica tradizionale. Tanti cinquantenni, stufi della tradizionale dicotomia destra-sinistra. «Nel 1994 ho votato Lega — racconta un trentasettenne —, poi sono passato a Fini. Nel 2001 mi sono turato il naso e sono andato con Prodi per poi non votare più. Oggi con Grillo è un’altra musica». Si riassume così il credo di un popolo che cresce, anche in una città industriale e concreta come Brescia. Casoncelli di Longhena a chilometro zero, un euro di cauzione per i bicchieri della birra («sono compostabili — ci spiegano alla cassa — diventeranno concime»). I No Tav e poi lo stand di Slow Food di fianco a un’azienda che pubblicizza generatori eolici di nuova generazione. Un’apparente giustapposizione di idee e pensieri difficile da vedere in qualsiasi altra festa di partito. Grillo ha fretta. Per una volta non rispetta i tempi della retorica, non costruisce il crescendo: si rivolge al tendone (ma sempre guardando nella web cam), sceglie le cartucce e spara: «Non vogliamo sostituire la classe politica, ma instillare un pensiero nuovo, immaginare un mondo non dominato dal Pil e dal debito, strumenti per annullare la vostra voce». Ed ecco le proposte: «Se andiamo in Parlamento proporremo subito di ancorare la legge elettorale alla Costituzione. Fare i guardoni della politica non funziona più. Sbaglieremo, certo. Anche fra le nostre fila nascerà qualche Scilipoti, lo elimineremo». Si alza su una panca e si appoggia al sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, che lì sotto, timido e magro, sembra suo nipote. E da buon vecchio padre Grillo gli mette la mano sulla testa. «È un po’ lunghetto nei tempi, fa quello che può, ma è un buon sindaco». Pizzarotti arrossisce. «Lo vedo per la prima volta oggi dopo la sua elezione a Parma. Avete mai visto facce di politici così?». Dal particolare al generale, dall’Italia all’Europa, sono gli ultimi minuti di comizio: «Dobbiamo chiederci cosa siano le banche, cosa sia la finanza e, soprattutto, chi ha creato questo debito. Non voi, ma una schiera di delinquenti». Cita WikiLeaks e Julian Assange («quelle sì che sono intercettazioni»). «L’Ecuador, che ha accolto Assange, ha fatto una cosa bellissima, si è rifiutato di pagare all’Fmi il debito. Si può fare, anche se nessuno lo dice. L’Ecuador lo fa mentre l’Europa fallisce. Uscire dall’euro? Non è compito nostro deciderlo — prosegue rosso in volto —, ma un “piano b” ce lo devono dare, se non a noi ai nostri figli e ai nostri nipoti». E ancora: «Se andiamo in Parlamento chiederemo un referendum sull’euro». È il gran finale. Grillo si rialza sulla panca, gonfia il petto in posa mussoliniana ed esclama come commiato: «Italiani». Scivola via e lascia i suoi quattro sindaci alla loro tranquilla serata. Massimiliano Del Barba
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