GLI ERRORI DEL MINISTERO

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Il primo fu, alla fine del 2011, la pubblicazione del bando per il finanziamento della ricerca universitaria di interesse nazionale (i cosiddetti fondi Prin), presentato dopo anni di plumbea indifferenza gelminiana. Il bando conteneva però tali restrizioni per i richiedenti che il ministero fu costretto a fare un goffo passo indietro allargando in extremis i criteri per l’accesso. Comunque, il meccanismo di selezione dei progetti risultò talmente macchinoso che ancora si attendono i risultati. Non basta. Qualche mese dopo fu presentato con grande enfasi il Pacchetto Merito, insieme di proposte per premiare il supposto “merito” nella scuola e nell’università . L’idea di merito che il progetto incorporava però era di tipo statico (identifichiamo i bravi e premiamoli), piuttosto che dinamico (creiamo ragazzi bravi), sicché il progetto non riscosse neanche una simpatia e, salvo errore, si è poi arenato. Alla lista vanno aggiunti poi gli imperdonabili svarioni contenuti nelle tracce dei compiti della maturità , che continuavano una poco lodevole tradizione dello stesso segno. Anche i test per le ammissioni alle facoltà  universitarie hanno fatto scalpore: è di pochi giorni fa il caso (riportato dal
Corriere della sera) di un primario di rango che, facendo per prova il test per medicina, ha trovato almeno quindici domande a cui non sapeva rispondere. Certo, i test di ammissione non ricadono nella gestione diretta del ministero, ma sono un tema talmente delicato che un coordinamento qualitativo dal centro sembrerebbe indispensabile.
Chi è responsabile di questi pasticci? È chiaro che la “colpa” di questi inconvenienti, uno più imperdonabile e incredibile dell’altro, non è del ministro, che sembra animato da intenzioni sane e crede nel merito, anche se ne ha una concezione davvero troppo “amerikana” e tecnologica (non tutta la vita intellettuale può essere regolata sul modello dell’ingegneria!). È della struttura e del modo di funzionare del suo ministero, abbandonato da troppo tempo all’incuria, all’improvvisazione, alla mancanza di controlli, al clientelismo, all’indifferenza verso i competenti, allo strapotere del pedagogismo americaneggiante. Ma, per rimediare, non basta davvero pubblicare il nome dei responsabili dell’ultimo incidente.
Dopo esser stato nominato ministro, Francesco Profumo esitò prima di lasciare la presidenza del Cnr perché — spiegava — doveva completare il lavoro di riordinamento di quell’ente. Data la sua sensibilità  verso questi temi, nei mesi che ha davanti come membro del governo farebbe bene a rivedere metodi, organizzazione e persone del suo ministero, approfittandone magari anche per ripensare la propria idea di merito e di modernità .


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