by Sergio Segio | 5 Settembre 2012 6:23
Lo scrittore inglese RJ Ellory, che su Amazon scriveva recensioni entusiastiche dei propri libri sotto falso nome e con gli stessi pseudonimi stroncava i libri dei rivali, non è stato beccato dalla polizia postale. E non ha confessato perché colpito dal senso di colpa. È stato smascherato da un altro scrittore che ha trovato, in rete, le tracce dell’imbroglio. Nulla di sofisticato. Una analisi del comportamento dei due profili fasulli (sempre cinque stelle ai libri di Ellory, sempre una a quelli dei rivali); uno studio delle parole utilizzate, identiche; e soprattutto la scoperta che almeno in un caso Ellory non si è accorto di essersi collegato ad Amazon con lo pseudonimo di Nicodemus ed è andato avanti a conversare con i lettori, firmandosi col suo vero nome, “Roger”, e dando dettagli dei suoi lavori che solo lui poteva conoscere. Ergo: Ellory è Nicodemus. In pratica è come se l’Uomo Invisibile improvvisamente perdesse i poteri senza accorgersene, continuando a comportarsi come se nessuno potesse vederlo.
Più che imbarazzante. Questa brutta storia non è approdata in un commissariato per la denuncia, ma su Twitter: in meno di un’ora, l’autore dell’indagine, Jeremy Duns, ha sparato una cinquantina di tweet nei quali ha ricostruito l’imbroglio fornendo le prove in diretta mondiale. Fine.
Cosa dimostra questa vicenda? Che il web ha dentro di sé gli anticorpi per difendersi dagli imbroglioni che sono in effetti tanti e che sperano di farla franca contando sull’anonimato della rete, ma che dimenticano che quando navighiamo, anche sotto falso nome, lasciamo infinite impronte digitali: le tracce del nostro comportamento.
Questo ingiustificato senso di impunità fa sì che il fenomeno della “reputazione dopata” dilaghi, ma sarebbe un errore ritenere che sia nato sul web: nasce nel cosiddetto mondo reale. Dove le aziende da sempre sono abituate a “comprare” recensioni benevole usando la potentissima leva pubblicitaria. Dietro l’elegante dizione “brand marketing solutions” si celano spesso uffici che devono trovare il modo di “far scaricare a terra” gli investimenti pubblicitari. Per radio, tv e carta stampata questo si riflette spesso in articoli molto benevoli ed è difficile, se non impossibile, per l’utente trovare le “tracce” di quel che c’è dietro una recensione o una intervista. Sul web, nell’era dei social media, le motivazioni sono le stesse ma quello che conta è ben altro. È l’opinione dei potenziali consumatori ad indicare la forza di un prodotto. E quindi ecco i finti follower su Twitter (si comprano piuttosto agevolmente, il prezzo medio è 18 dollari per mille followers); i finti “like” e i finti “fan” sulle pagine di Facebook (Zuckerberg ha appena annunciato di volersene liberare); e le finte recensioni, non solo su Amazon o sullo store di Apple, ma sul seguitissimo sito di viaggi TripAdvisor.
Il fenomeno è tutt’altro che nuovo. Già nel luglio del 2009 sul web ci si chiedeva: “Lo scandalo della manipolazione dei giudizi sugli hotel rende TripAdvisor completamente inutilizzabile?”. E l’estate scorsa fu l’Huffington Post ad occuparsene dopo che venne fuori che certi hotel rimborsavano ai clienti il prezzo dell’alloggio in cambio di recensioni favorevoli. Tre mesi fa l’ultima polemica dopo che il Daily Mail scoprì che esistono agenzie in grado di fornire centinaia di recensioni fasulle a comando. Risultato: il traffico su TripAdvisor non è crollato, al contrario, il sito è appena entrato fra i primi 200 del mondo. Perché? «Perché la presenza di reviews non autentiche non diminuisce la bontà dello strumento in generale», sostiene Stefano Maruzzi, già country manager di Msn. it e di Google Italia, autore del libro “La fine dell’era del buon senso. Secondo Maruzzi «è il consumatore che deve attrezzarsi per estrarre dalle valutazioni prodotte da altri il proprio criterio di giudizio. E gli accorgimenti non mancano. La quantità di commenti è un primo aspetto su cui porre la propria attenzione, così come la distribuzione nei voti. Pareri fortemente bipolarizzati o in numero limitato sono indici di un approfondimento extra, operazione che può avvenire facilmente leggendo l’anteprima di un libro, ascoltando 90 secondi di un brano musicale o visualizzando mappe e foto relative alla destinazione o l’albergo dove intendono trascorrere le proprie vacanze». In fondo basta così poco per continuare a fidarsi del web.
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