Fornero: il taglio del cuneo fiscale alle imprese che coinvolgono i lavoratori

by Sergio Segio | 2 Settembre 2012 12:29

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Si parlerà  del taglio del cuneo fiscale da lei anticipato al meeting di Comunione e Liberazione?
«Quando ne ho parlato a Rimini io stessa ho messo le mani avanti per l’esiguità  delle risorse. Non ho neanche avuto bisogno di farmelo dire dal ministro dell’Economia, Grilli: pensavo e penso a sperimentazioni virtuose per aumentare la produttività ».
Si tratta solo di esperimenti?
«Il ministro dello Sviluppo, Passera, ha insistito e io sono d’accordo, sul fatto che oltre a pensare a forme sperimentali di decontribuzione per le imprese che abbiano un record positivo di utilizzo della manodopera, bisogna che le parti sociali cerchino di migliorare la loro collaborazione».
L’accordo tra le parti sociali sui contratti non è sufficiente a fare un passo verso il modello tedesco che prevede la partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa?
«Quello è un accordo importante ma per andare verso il modello tedesco non basta un passo: ce ne vogliono di più. E per questo il governo ha intenzione di fare quanto è in suo potere, sempre ricordando che ci sono poche risorse, per favorire il dialogo tra le parti sociali».
Il ministro Passera vorrebbe estendere gli sgravi alle «start up» ma chiede flessibilità  sui contratti a termine.
«Ne abbiamo parlato molto. Prima di tutto vanno ben definite quali sono queste aziende innovative. E poi lo voglio dire a chiare lettere: è necessario favorire queste start up ma anche fare in modo che le norme del lavoro che si adatteranno a queste aziende innovative siano assolutamente coerenti con la riforma. Le norme per il lavoro nelle start up devono discendere dalla riforma, non rappresentarne in alcun modo una lacerazione».
In questo contesto potrà  riaprirsi anche il tema della detassazione del premio di produttività ?
«Ci siamo accorti di questa riduzione più o meno nei giorni in cui era approvata la riforma e sembrava una contraddizione. Ma la decisione non è stata di questo governo. Io sono d’accordo che il merito vada sempre riconosciuto, ma se mettiamo le risorse su questo capitolo sarà  più difficile metterle sul cuneo fiscale a favore delle imprese che dialogano con i lavoratori».
Come si fa a individuare queste imprese dialoganti?
«Le imprese hanno un bilancio sociale con un capitolo che riguarda la gestione del personale, le politiche non discriminatorie, quelle di conciliazione. Sono però nozioni non particolarmente illuminanti sull’effettiva politica del personale. Invece il tema delle modalità  delle relazioni di lavoro ha permesso alla Germania di uscire dalla crisi».
Come si promuove la partecipazione?
«Tra i nostri adempimenti abbiamo una delega proprio su questo tema. So che è un tema delicato per le imprese; la partecipazione non va imposta. Ma ci stiamo lavorando e vorrei riuscire a condurre la delega in porto».
Anche lei è stata richiamata sull’applicazione della riforma?
«Ho una cartellina che mi sono portata dietro con l’elenco di tutti gli adempimenti. Non abbiamo aspettato che ci venisse chiesto: l’elenco l’avevamo già  definito con gli uffici. Adesso stabiliremo, con un cronoprogramma, quando e chi farà  che cosa. Intanto il 6 settembre andrò a Bruxelles dal commissario Là¡szlà³ Andor per illustrare la riforma a lui e al segretario dell’Ocse, Angel Gurria».
Ha visto i dati Istat sui precari?
«I dati Istat ma anche quelli europei. In tutto il mondo progredito il tema è quello dell’occupazione. Anche i ministri Ue si sono accorti che va bene restituire stabilità  ai bilanci ma ciò che conta è l’economia reale. Il presidente Monti parla sempre di rigore e crescita».
Le imprese sostengono che la sua riforma sta già  producendo effetti negativi sulla flessibilità .
«Chiunque parli di lavoro italiano in Europa si sente sempre dire che dobbiamo contrastare il precariato tra i giovani. Non è un’invenzione del ministro Fornero. Era giusto occuparsene».
Sì, ma le imprese dicono che i contratti a termine troppo tutelati salteranno del tutto.
«Questo è uno dei temi su cui stiamo impostando il monitoraggio. Ho molte persone che mi scrivono di situazioni nelle quali il contratto a termine non viene rinnovato. Ma bisogna vedere quanto ciò sia dovuto al fatto che quel contratto non sarebbe comunque stato rinnovato per assenza di domanda e quanto invece al fatto che la riforma ha posto qualche paletto. Serve molto pragmatismo, ma attribuire tutto alla riforma è sicuramente improprio».
Cioè?
«Esistono metodi scientifici che permettono di separare ciò che è attribuibile statisticamente a una causa e ciò che attribuibile a un’altra. Una riforma che ha poco più di un mese di vita non può aver prodotto questi effetti».
Eppure le imprese attaccano.
«Anche i sindacati: ci accusano di avere fatto troppo poco per ridurre la precarietà . A noi pare di avere trovato un giusto equilibrio. E poi le imprese hanno anche avuto rafforzamenti della flessibilità , come l’abolizione della causale per il primo contratto a tempo determinato, e fino a un anno. In fase di dialogo l’avevano fortemente richiesta. Vorrei senza polemica che ci si confrontasse nel merito. Ad esempio sul fatto che la produttività  non può nascere da contratti “mordi e fuggi”».
Si spieghi.
«Un lavoratore che sia sempre preoccupato di quello che farà  tra due o tre mesi, allo scadere del contratto che ha oggi in corso, non può dedicarsi bene al suo lavoro. Questo recupero di una qualche stabilizzazione nei contratti di lavoro è funzionale al discorso della produttività ».
Il fatto è che molti datori di lavoro non hanno in questo momento una prospettiva lunga.
«Capisco che in fase di recessione sia difficile fare questo discorso ma insisto: il lavoro “buono” è l’unico lavoro produttivo. Un lavoro che porta a una remunerazione più alta produce domanda e crescita. Tutto si tiene».
I sindacati sono preoccupati per gli ammortizzatori sociali.
«È uno dei temi su cui le parti sociali hanno avuto resistenza al cambiamento. Ma questi comportamenti radicati non erano consoni a un’economia che si sviluppa perché erano a favore di tutele lunghe per un numero limitato di lavoratori senza alcuna preoccupazione sulla loro ricollocabilità  nel mercato del lavoro. Bisogna lavorare per l’occupabilità  delle persone».
Il problema è che i casi Alcoa si moltiplicano.
«La preoccupazione sul cambio del sistema in un periodo di recessione è fondata. Tuttavia era importante che la riforma degli ammortizzatori, e in particolare l’Aspi, partisse all’inizio del 2013, pur sovrapponendosi al mantenimento della mobilità  fino al 2014».
Non è preoccupata per la tenuta sociale?
«I sindacati sono stati molto responsabili. Sono anche convinta, e ho avuto la prova all’Alenia, che i lavoratori sono disposti al dialogo. Quando le situazioni e le difficoltà  sono spiegate in maniera onesta e aperta sono comprese. Ritengo si possa dire che i lavoratori preferiscono un confronto chiaro piuttosto che incassare illusioni a cui sono i primi a non credere».

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