Finito l’effetto della crisi: flussi in ripresa verso i Paesi Ocse. Ma l’Italia fa eccezione
ROMA – Il rallentamento nella migrazione verso i Paesi Ocse, causato dalla crisi economica globale, sembra volgere al termine. Nel 2010, la migrazione verso i questi Paesi è diminuita per il terzo anno consecutivo, ma nel 2011 ha segnato una nuova ripresa nella maggior parte di essi. La migrazione dei lavoratori temporanei ha continuato a diminuire, seppure più lentamente, mentre il numero di persone che entrano nell’area Ocse per motivi di studio ha proseguito a crescere. E alla luce di una ripresa ancora in stato embrionale e di un’opinione pubblica sensibile alle problematiche migratorie in un contesto di persistente ed elevata disoccupazione, molti governi hanno introdotto politiche maggiormente restrittive in materia di migrazione. I giovani migranti senza lavoro rappresentano altresì una particolare fonte di preoccupazione che necessita di un’azione di intervento mirata da parte dei governi. Sono questi alcune delle conclusioni del Rapporto Ocse “Prospettive sulle migrazioni internazionali”, presentato oggi a Roma, che osserva le tendenze e le politiche migratorie, nonché gli andamenti dell’occupazione tra i migranti.
Secondo il rapporto, negli anni a venire l’invecchiamento della popolazione nell’area Ocse avrà probabilmente un effetto significativo sulle tendenze migratorie, ma produrrà forse risvolti inattesi. Nel contempo, non è chiaro per quanto tempo ancora la migrazione ad elevato tasso di specializzazione proveniente dall’Asia continuerà ad aumentare, giacché la domanda di manodopera altamente qualificata è in ascesa nelle economie in rapida crescita della regione.
I dati. Nel complesso, i flussi migratori permanenti in entrata verso i 23 Paesi Ocse, più la Federazione Russa, hanno registrato un declino nel 2010, per il terzo anno consecutivo, tuttavia, la flessione è risultata nel complesso modesta (-3% rispetto al 2009) e il numero di migranti – oltre 4,1 milioni – ha sfiorato un picco maggiore rispetto a ogni periodo precedente al 2005 per il quale sono disponibili statistiche omogenee. I dati preliminari mostrano che in gran parte dei Paesi europei membri dell’Ocse, ad eccezione dell’Italia, oltreché in Australia e Nuova Zelanda, l’immigrazione ha iniziato a segnare nuovamente un aumento nel 2011 e il Canada ha registrato un declino significativo, a seguito delle cifre record del 2010.
“All’interno dell’area Ocse afferma il rapporto -, il 2011 è stato caratterizzato da un peggioramento delle condizioni economiche in alcuni Paesi dell’eurozona, in particolare Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna, che ha generato speculazioni su di un aumento nell’emigrazione. I riscontri disponibili ad oggi indicano che l’emigrazione da questi Paesi è in effetti aumentata, ma solo in misura modesta. I flussi migratori in uscita dei cittadini dei suddetti Paesi sono stati piuttosto esigui, ad eccezione dell’Irlanda, dove le barriere linguistiche all’emigrazione possono rappresentare un problema minore”.
© Copyright Redattore Sociale
Related Articles
Incertezza sul futuro e fine della classe media. Gli italiani si sentono su un ascensore in discesa
L’indagine Demos-Coop. Per due persone su tre è inutile fare progetti a lungo termine. La frattura di classe pesa e non sarà risolta dal voto amministrativo o dal referendum
Costo lavoro, Italia sotto la media Ue
L’Eurostat smentisce il luogo comune che nel nostro Paese il costo del lavoro sia al top in Europa Un’ora lavorata costa da noi 28,1 euro contro i 28,4 di Eurolandia. Siamo invece quarti nella classifica del cuneo fiscale
Il fantasma della ripresa che non c’è
Istat. La crescita del Pil italiano al di sotto di quello della zona Euro: +0,3% più basso della Grecia