Elicotteri venduti all’India Indagata Finmeccanica

by Sergio Segio | 22 Settembre 2012 7:33

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Il gruppo Finmeccanica è indagato a Busto Arsizio per corruzione internazionale in merito alla vendita di 12 elicotteri da parte della sua controllata Agusta-Westland al governo indiano. La procura di Busto Arsizio, che ha ereditato il fascicolo per competenza territoriale dai colleghi di Napoli, ha riformulato il capo di accusa includendo tra le figure investite dall’indagine anche il colosso aeronautico italiano come capogruppo di Agusta e come persona giuridica; la medesima accusa viene mossa dai magistrati lombardi e in particolare dal pm Eugenio Fusco, anche a una serie di manager a partire da Giuseppe Orsi, presidente e amministratore delegato di Finmeccanica e in precedenza responsabile di Agusta-Westland.
Il capo di imputazione della procura di Busto ricalca solo in parte quello di Napoli e l’iscrizione dell’azienda al registro degli indagati non è l’unica novità . Centro dell’indagine continua a essere la vendita dei 12 elicotteri: un affare da 150 milioni di euro, «gonfiato» però secondo l’accusa da una cresta di 41 milioni serviti ad addomesticare rappresentanti del governo indiano.
Cadono invece, anche in seguito alla osservazioni della Cassazione, due imputazioni, il riciclaggio e il finanziamento illecito di partiti italiani, in particolare la Lega Nord. Era stato un ex dirigente del gruppo, Lorenzo Borgogni a parlare ai magistrati napoletani di tangenti finite a esponenti del Carroccio ma la fonte non è stata ritenuta credibile.
Resta dunque solo l’ipotesi di corruzione internazionale: di questa la procura di Busto (ritenuta competente per territorio in quando la Agusta ha la sede legale a Gallarate) chiama a rispondere oltre a Finmeccanica e Orsi anche altri top manager del gruppo: Bruno Spagnolini, amministratore delegato di Agusta-Westland, Attilio Garavaglia e Luciano Fava («consulenti del gruppo Finmeccanica incaricati di eseguire i pagamenti in loco» scrive il pm), Guido Ralph Haschke, Carlo Gerosa e Cristian Mitchell. Questi ultimi vengono definiti dall’accusa «intermediari negli accordi corruttivi e gestori delle operazioni finanziarie volte ad assicurare corrispettivi illeciti a pubblici ufficiali indiani in corso di identificazione».
«Come già  prospettato dalla Cassazione anche la procura di Busto è dell’avviso che l’ingegner Orsi non autorizzò mai pagamenti alla Lega e viene anche escluso il reato di riciclaggio» ha sottolineato ieri il professor Ennio Amodio, avvocato difensore del presidente di Finmeccanica. Se tangenti ci sono state, insomma, queste non sono finite in tasche italiane. Resta cruciale il ruolo del «mister X» indicato da Borgogni come regista dei pagamenti illeciti.
Questi sarebbe stato individuato in Cristian Mitchell. «Porteremo ai magistrati di Busto documenti — aggiunge l’avvocato Amodio — in grado di dimostrare che Mitchell è uno storico consulente di Westland e che non vi è nulla di illecito nel suo comportamento». Il legale non risparmia poi frecciate al «pentito» Borgogni e alle sue rivelazioni: «Le sue parole miravano solo a screditare Orsi, inquinare il processo e ledere l’immagine di chi siede al vertice di Finmeccanica in un momento particolarmente acceso della competizione di mercato nel settore dell’alta tecnologia. Questi dispensatori di veleni volevano forse rendere libera qualche poltrona piuttosto che rivelare segreti».

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