Dopo il film anti-islam tornano bandiere taleban per le strade di Kabul

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KABUL. Per la prima volta dal 2001, le bandiere taleban tornano a sventolare nelle strade di Kabul. Il movimento dei «turbanti neri», sempre attento alle strategie di comunicazione e di propaganda, ha cavalcato infatti l’indignazione per la diffusione di Innocence of Muslims e per la pubblicazione delle caricature anti-islamiche in Francia. Come segnala un recente e dettagliato blog di Borhan Osman e Thomas Ruttig sul sito dell’Afghanistan Analysts Network di Kabul , le reazioni in Afghanistan sono state tardive, rispetto a paesi come Libia e Tunisia. Poi però si sono diffuse in molte zone, anche se non hanno raccolto grandi masse. Domenica scorsa all’Università  di Kabul gli studenti che manifestavano non erano più di mille; a Herat appena duecento. Lunedì, invece, all’Università  di Taloqan, la principale città  della provincia di Takhar, erano circa settecento; quattrocento all’Università  di Balkh, nella città  di Mazar-e-Sharif; trecento alla facoltà  di Agricoltura di Pul-e-Kumri e ancora meno nella provincia di Kapisa, all’Università  di Al-Biruni. Poche le manifestazioni al di fuori delle mura universitarie, tra cui quella di domenica scorsa sulla Jalalabad road e, lunedì, quelle di Pul-e-Charkhi, quartiere periferico della capitale dove circa mille persone hanno scandito slogan anti-americani, e di Qalat, nella «turbolenta» provincia di Zabul, dove c’erano 600 persone. La manifestazione più partecipata si è svolta però due giorni fa, venerdì: davanti alla moschea Imam Zaman si sono raccolte almeno duemila persone, provenienti dai quartieri di Dasht-i-Barchi e di Pul-i-Sokhta. Sin dal mattino a Pul-i-Sokhta si sono radunati sostenitori dell’Hezb-eWahdat, il partito a maggioranza sciita e hazara alla cui testa c’è Abdul Karim Khalili, attuale vicepresidente. Il luogo non è casuale: qui infatti c’è una piazza intitolata ad Abdul Ali Mazari, fondatore del partito e figura di riferimento per l’intero movimento politico. Molti i notabili del partito e i religiosi che hanno denunciato gli autori del film considerato blasfemo e delle vignette sacrileghe. Obiettivi polemici dei manifestanti erano però gli Stati uniti e l’Europa, colpevoli di aver consentito l’offesa al profeta Maometto. Quella di due giorni fa è stata dunque una manifestazione organizzata, sostenuta e controllata da uno degli attori principali della scena politica afghana (il partito Wahdat, pur non controllando ministeri chiave gode di un buon numero di deputati nella Wolesi Jirga, la Camera bassa afghana). E politiche, più che spontanee, sono state anche le manifestazioni di Kabul dei giorni scorsi, come ricordano gli autori del blog già  citato. Il fatto che buona parte delle manifestazioni siano avvenute all’interno delle università  è significativo: come negli anni Sessanta e Settanta, in Afghanistan le università  sono tornate a essere luogo di dibattito, mobilitazione e di reclutamento. Gli osservatori più attenti lo segnalano da tempo: nel 2010 Antonio Giustozzi, tra i più autorevoli interpreti dello scenario afghano, ha pubblicato un ottimo saggio, Between patronage and rebellion: student politics in Afghanistan . Racconta della crescente politicizzazione delle università , e, insieme, della comparsa o ricomparsa di gruppi radicali vecchi e nuovi che cercano di garantirsi il sostegno degli studenti. Tra questi, aumenta il consenso dell’Hizb ut-Tahrir al-Islami, il Partito della liberazione islamica, le cui bandiere nere erano chiaramente visibili nella manifestazione di Kabul di domenica scorsa. L’Hizb ut Tahrir è un movimento politico pacifico e transnazionale fondato nel 1953 a Gerusalemme dal palestinese Taqiuddin an-Nabbani, il cui obiettivo è la restaurazione del Califfato islamico. Così recita il mandato del partito, e così recitavano anche alcuni degli studenti scesi in strada, che invocavano il khelafat , il califfato, criticando la democrazia come un sistema politicoistituzionale proprio degli «infedeli». Oltre che tra i «lettori» e i ricercatori dell’Università  di Jalalabad, secondo quanto scrive Giustozzi nel suo saggio l’Hezb ut-Tahrir avrebbe un buon seguito anche tra gli studenti della facoltà  di Legge dell’Università  di Kabul. E non a caso la facoltà  di Legge è stata, insieme alla facoltà  di Sharia, la principale incubatrice delle manifestazioni, a cui hanno aderito studenti provenienti dal Politecnico di Kabul e da diversi istituti privati. Tra gli studenti, qualcuno sventolava la bandiera bianca dei Taleban. Un clamoroso ritorno al passato, notano alcuni osservatori. E un clamoroso successo per i «turbanti neri», che già  da tempo stanno cercando di convincere gli studenti – futura classe dirigente del paese – ad unirsi «alla lotta contro il declino morale e culturale del paese provocato dagli occupanti».


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