Conti pubblici, il governo taglia le stime
ROMA — Il segno più davanti al Pil, il prodotto interno lordo, dovrebbe tornare solo nel 2014. Ma il ministro dell’Economia Vittorio Grilli dice che già il 2013 «sarà un anno di crescita» e solo a «causa dell’effetto trascinamento» del calo registrato in questi mesi, il dato medio sarà di poco negativo. Il Consiglio dei ministri ha approvato la nota di aggiornamento al Def, il documento di economia e finanza con il quale viene disegnato lo scenario possibile dei prossimi mesi. Rispetto al documento approvato ad aprile, le stime del Pil vengono riviste al ribasso: per l’anno in corso si raddoppia, dal -1,2% della stima precedente al -2,4%. Ma il vero nodo era la previsione per il 2013, specie dopo che il presidente del Consiglio Mario Monti aveva detto di aspettarsi per quel periodo un ritorno alla crescita. Dopo l’aggiornamento di ieri, il Def prevede nel 2013 un flessione dello 0,2% contro l’incoraggiante +0,5% stimato ad aprile. Ma non è stato facile trovare il punto di caduta all’interno del governo. Il documento preparato dai tecnici del ministero del Tesoro indicava una contrazione ancora più pesante, -0,6%. E lo faceva tenendo conto del cosiddetto consensus forecasts, cioè la media delle previsioni fatte dagli analisti finanziari. Proprio il dato sul 2013 è stato oggetto di una lunga analisi, prima della seduta a Palazzo Chigi, fra Mario Monti e il ministro Grilli che non ha nascosto la sua prudenza. Alla fine si è deciso per quel -0,2% come media dell’intero anno. Il che vorrebbe dire ancora un calo nei primi mesi come effetto trascinamento della recessione del 2012 e poi una leggera ripresa nella seconda metà dell’anno. Una tendenza che trova qualche appiglio nei dati diffusi ieri dall’Istat sul fatturato e gli ordinativi dell’industria a luglio: rispettivamente +2,9% e +1,2% rispetto al mese precedente, ma bisogna ricordare che su base annua siamo ancora al crollo verticale.
Se le stime sul Pil sono state riviste al ribasso, la causa sta nel «peggioramento dello scenario internazionale, in particolare della zona euro», dice il governo. Ma nonostante questa evoluzione negativa, si conferma l’obiettivo del pareggio di bilancio per l’anno prossimo. E si esclude ancora una volta che per far quadrare i conti sia necessaria un’altra manovra: «Nella nostra attuale strategia non è prevista» dice Grilli. Niente nuove tasse, insomma. Un impegno confermato proprio nel giorno in cui il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, dice che «per effetto delle ultime manovre la pressione fiscale, sottraendo il Pil sommerso, arriverà nei prossimi anni quasi al 55%». Altre risorse, però, andranno trovate comunque. Sia per cancellare l’aumento dell’Iva, al momento solo rinviato al luglio del 2013: servono 6,5 miliardi di euro e bisogna tirarli fuori dalla seconda fase della spending review, la revisione della spesa pubblica. Sia per far calare il debito pubblico, sempre su livelli record. Dal 123,3% del Pil di quest’anno, il governo prevede di scendere al 122,3 l’anno prossimo, poi al 119,3 nel 2014 fino al 116,1% nel 2015. Un percorso a tappe forzate per il quale il ministro Grilli conferma il piano di dismissione di beni pubblici, sia immobili che partecipazioni, che dovrebbe valere un punto di Pil l’anno. Sempre a patto di trovare compratori.
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