Consulta: “Quirinale contro pm è conflitto tra poteri dello Stato”

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ROMA – La Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato sollevato dal Quirinale contro la Procura di Palermo. La vicenda riguarda le conversazioni del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intercettato indirettamente al telefono con l’ex ministro dell’Interno ed ex vicepresidente del Csm Nicola Mancino, sottoposto a sorveglianza dai pm siciliani nell’ambito dell’indagine sulla trattativa Stato-mafia. Su Mancino pende una richiesta di rinvio a giudizio per falsa testimonianza. La Consulta ha deciso anche di ridurre i tempi previsti per l’esame nel merito del ricorso sollevato dal capo dello Stato, che verrà  affrontato la seconda settimana di novembre.

Giudici relatori di questo primo passaggio, Gaetano Silvestri e Giuseppe Frigo, entrambi di nomina parlamentare: il primo eletto su indicazione del centrosinistra, il secondo del centrodestra. Il giudizio sull’ammissibilità  era dato per scontato, visto che oggi la Corte era chiamata a verificare se Quirinale e Procura sono poteri dello Stato. Via libera adesso all’esame nel merito, che avverrà  prima del previsto, vista la delicatezza della materia.

Al centro del ricorso presentato da Napolitano, la mancata distruzione delle telefonate registrate intercettando le conversazioni dell’ex ministro Mancino. Secondo l’avvocatura dello Stato, il comportamento dei pm di Palermo avrebbe leso le prerogative garantite al capo dello Stato dall’articolo 90 della Costituzione. La Procura di Palermo difende il proprio operato sostenendo che per procedere alla distruzione delle intercettazioni è necessaria, in base al Codice di procedura penale, un’apposita udienza davanti al gip.


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