Cibo, ogni anno 6 milioni di tonnellate in eccesso. Solo il 6,4% agli enti caritatevoli

by Sergio Segio | 28 Settembre 2012 10:28

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BOLOGNA –  Ogni anno nella filiera agroalimentare italiana vengono prodotte 6 milioni di tonnellate di eccedenza alimentare (pari al 17,4% dei consumi alimentari) per un valore di circa 13 miliardi di euro. Più della metà  è generata all’interno della filiera (dal settore primario alla ristorazione), mentre solo il 41,9% dai consumatori. È quanto emerge dalla ricerca effettuata dalla Fondazione per la sussidiarietà  in collaborazione con il Politecnico di Milano e Nielsen Italia presentata a Bologna in presenza del ministro per le Politiche agricole, Mario Catania. Ma dove finiscono queste eccedenze? Dall’indagine risulta che solo una minima parte è destinata a enti caritatevoli (6,4%) o a mercati secondari (1,1%). La maggior parte (81%) è conferita a enti di smaltimento e utilizzata per la concimazione del terreno o la produzione di energia. Mentre l’11,5% è conferita o venduta ad aziende di trasformazione che la utilizzano per l’alimentazione animale o per la produzione di mangimi. Ciò significa che nella filiera agroalimentare lo spreco ammonta a 5,5 milioni di tonnellate ovvero il 92,5% delle eccedenze prodotte.

Ogni famiglia italiana “butta” ogni anno una quantità  di cibo pari a 42 chilogrammi procapite (circa l’8% della spesa) per un valore di circa 6,9 miliardi di euro (circa 117 euro a persona). Gli anziani sono più attenti dei giovani. L’85% delle famiglie in cui il responsabile acquisti ha più di 65 anni ha dichiarato di buttare meno del 5% degli alimenti portati a tavola. Al contrario il 30% dei responsabili acquisti con meno di 34 anni ha dichiarato di buttare il 5-10% del cibo. La percentuale di cibo buttato arriva al 15% nel caso del 7,8% dei single o delle coppie senza figli. Le cause? Alimenti andati a male (pari al 3,4% della spesa) o scaduti o avanzi non riutilizzati (pari al 4,8% del cibo portato a tavola). La maggior parte degli alimenti che vanno buttati sono bevande (40%), fresco (25%) e frutta e verdura (14%), mentre il 17% sono generi a lunga conservazione.

Il 58,1% delle eccedenze è prodotto nella filiera agroalimentare, dal settore primario alla ristorazione. Nella maggior parte dei casi la generazione dell’eccedenza è riconducibile a un disallineamento fra quantità  prodotta o acquistata e quantità  venduta o consumata. Ciò significa per i settori di trasformazione o distribuzione il raggiungimento della sell-by date interna, per l’agricoltura la sovraproduzione, per la ristorazione e il consumo da casa una preparazione di pasti superiore a quanto dovuto. Dalla ricerca emerge che nella fase di produzione industriale vengono prodotte poco più di 181 mila tonnellate all’anno di eccedenze (0,41% della produzione di questo stadio) di cui 81 mila non sono recuperate per l’alimentazione umana, quindi sono sprecate. Nella distribuzione, le eccedenze ogni anno ammontano a 777 mila tonnellate di cui solo il 7,5% viene recuperato per l’alimentazione umana. Infine, nella ristorazione le eccedenze sono circa 209 mila tonnellate all’anno di cui solo il 9,2% viene recuperato per l’alimentazione. Gran parte delle eccedenze in filiera (2,3 milioni di tonnellate) sono prodotte in agricoltura. (lp)

 

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