Catalogna al voto Referendum di fatto sull’indipendenza
BARCELLONA — Non c’è solo l’Europa al limite della rottura. Anche la Spagna vacilla sotto i colpi della crisi. Lo si è visto ieri, fisicamente, in due luoghi simbolo: il Congresso dei deputati nazionale di Madrid e il Parlament regionale di Barcellona. Uno assediato da migliaia di disoccupati, precari, orfani dello Stato Sociale al grido «salviamo la democrazia sequestrata dai politici e dai banchieri». Il secondo che decideva di sciogliersi e convocare elezioni anticipate, soprattutto perché scavalcato dal corteo dell’11 settembre quando un elettore catalano su quattro ha manifestato per l’indipendenza della Catalogna dalla Spagna.
A Madrid cariche di polizia, quasi quaranta fermi e una ventina di feriti hanno risolto la situazione. Ma resta intatto il problema di un Paese in recessione, con il 25% di disoccupati (nonostante le riforme) «indignato» verso gli attuali meccanismi di rappresentanza politico-democratica. Un sentimento di anti-politica molto simile a quello italiano, ma ancora senza un catalizzatore alla Grillo.
A Barcellona, invece, è uscito dalla lampada il genio del nazionalismo. E chi l’ha liberato non sa come e se riuscirà a controllarlo. L’ultima volta successe nella Guerra Civile del ’36. La penultima 70 anni prima. C’era un re, Amedeo di Savoia, inventato alla bisogna. Di lui si ricorda soprattutto l’addio al regno: «Una gabbia di matti».
Artur Mas, presidente della Generalitat catalana e leader di Convergencia I Uniò, nell’ora e mezza di discorso di ieri al Parlament non ha mai usato la parola tabù «indipendenza». E’ stato forse il suo unico rispetto istituzionale. Per il resto è andato pesante. «In tempi eccezionali, ci vogliono decisioni eccezionali» ha detto per spiegare il voto anticipato al 25 novembre. «Siamo stanchi di sentirci sempre dire di no, stanchi del disprezzo. Abbiamo diritto a decidere il nostro futuro». Secondo i sondaggi la sua CiU capitalizzerà a mani basse la voglia di indipendenza. Ma una volta ottenute le chiavi del Parlament e il mandato popolare a perseguire «un nuovo Stato europeo», che farà ? E come reagirà Madrid? Una piccola (minoritaria) associazione di ex militari spagnoli ha segnato il clima prospettando la Corte marziale. Un modo elegante per minacciarlo di morte.
La strada aperta a Barcellona in base alla storia è più affollata di sangue che di opportunità . La logica di chi chiede l’indipendenza è un legittimo egoismo: l’industriale Catalogna starebbe meglio sola che «facendosi spogliare» dal resto della Spagna. L’assunto è discutibile sia nella quantità sia nella proiezione futura. I catalanisti calcolano di perdere l’8% del loro Pil a favore di Madrid. Gli spagnolisti abbassano la valutazione tra il 4 e il 6%. I catalanisti, poi, immaginano che la loro economia rimarrebbe identica una volta indipendenti. Non considerano che il 43% del loro «export» va proprio in Spagna e che, una volta «liberi», non è affatto sicuro che le società decidano di rimanere o che i turisti tornino in una regione in effervescenza. O peggio. Di certo se l’Europa trovasse una soluzione alla crisi, tanto il fuoco dell’indipendentismo catalano quanto quello dell’anti politica perderebbero molta della loro legna.
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