Caso Panda, primo effetto della crisi da Pomigliano metà  delle auto previste

by Sergio Segio | 19 Settembre 2012 7:12

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La Fiat è in crisi per colpa del mercato. Ma il mercato dell’auto è davvero in crisi in tutto il mondo? E per quale motivo anche in Europa alcuni costruttori soffrono piຠdi altri gli effetti del calo delle vendite? I dati diffusi ieri dall’Acea, l’associazione dei costruttori europei, aiutano a capire.
IL MONDO
A livello mondiale il mercato delle auto non è affatto in crisi. Grazie alla spinta dei paesi emergenti e nonostante il parziale rallentamento dell’economia cinese, nel primo semestre 2012 sono stati venduti sul pianeta 40 milioni e 466 mila auto, il 6,7 per cento in più dello stesso periodo del 2011, che pure era stato un anno record. È dunque immaginabile che a fine anno si arriverà  intorno agli 80 milioni di auto vendute, un po’ piຠdi una ogni cento abitanti. Molta parte di questo incremento è stato realizzato in Asia. I costruttori europei che si sono attrezzati prima per essere presenti su quei mercati hanno retto meglio alla crisi. La Fiat è riuscita a intercettare solo parzialmente quella crescita, grazie allo storico insediamento in Brasile, in questi anni vera gallina dalle uova d’oro per il gruppo di Torino. Ma non basta. Uno dei problemi è che anche Chrysler non è ben posizionata in Asia. Marchionne ha deciso di correre ai ripari in Cina ma ci vorrà  tempo.
L’EUROPA
Il mercato viaggia a due velocità . Complessivamente nei primi otto mesi dell’anno ha perso il 6,6 per cento ma è una somma algebrica.
Perché i paesi della zona euro sono scesi del 9,6 mentre il resto del continente è salito del 2,5 per cento. La zona euro pesa di più sul tolte perché comprende tutti i principali mercati tranne quello inglese. Il crollo dell’area euro è evidente conseguenza delle politiche recessive dei governi per far fronte alla crisi del debito. Infatti i mercati dei paesi del Sud Europa vanno peggio degli altri. A livello continentale questa dinamica favorisce soprattutto le case tedesche che rappresentano ormai il 43 per cento del mercato (se si esclude Ford Europa che vale il 7,5 per cento). Le due case francesi hanno insieme il 21 per cento mentre il gruppo Fiat ha il 6,5 e perde rispetto al 7,2 dello scorso anno. Nella crisi c’è dunque chi vince. Nei primi otto mesi dell’anno Volkswagen ha addirittura incrementato le vendite, sia pur di poco (+0,5 per cento). Il cali più vistosi sono quelli di Fiat ( — 16,5 per cento) e Renault (—16,1). Il calo di Fiat è dovuto al fatto che il mercato di riferimento, quello italiano, è quello che ha perso di piຠ( — 19,9) tra i cinque grandi del continente.
IL CASO PANDA
In questo quadro si spiega la vicenda della Panda che nel l’intervista di ieri a Repubblica Sergio Marchionne ha portato ad esempio per spiegare come mai a suo parere non conviene investire oggi in nuovi modelli con un macro depresso. Secondo il piano Fabbrica Italia, a Pomigliano la nuova linea della Panda avrebbe dovuto produrre 260 mila auto all’anno. In questo modo si sarebbe saturato l’impianto e avrebbero potuto tornare al lavoro tutti i 5.000 cassintegrati della vecchia fabbrica che produceva i modelli dell’Alfa. In realtà  i dati della Fiat dicono che tra gennaio e agosto si sono vendute (e dunque prodotte) 127 mila Panda. Il comunicato non specifica però se si tratta di vecchie Panda (quelle prodotte in Polonia) o delle nuove di Pomigliano. Se proseguirà  questo trend, a fine anno si saranno vendute 190 mila Panda e di queste (secondo un calcolo generoso) circa 60 mila dovrebbero essere quelle polacche. Dunque a Pomigliano verranno prodotte nel 2012 circa 130 mila auto, la metà  di quel che era previsto nel piano di Fabbrica Italia. Infatti oggi solo metà  dei cassintegrati sono rientrati al lavoro mentre gli altri sono tuttora in cassa. Tutti gli iscritti alla Fiom sono in questo secondo gruppo.
AFFITTO O CASSA
Il caso Panda spiega perché nei mesi scorsi Marchionne aveva ipotizzato di affittare linee di produzione o stabilimenti a costruttori stranieri. Perché con le attuali condizioni di mercato e all’attuale livello di vendite del gruppo Fiat non c’è lavoro per tutti. Se non si vuole procedere a licenziamenti o a chiusure di stabilimenti, quelle dell’affitto o del prolungamento della cassa integrazione sono le uniche due strade percorribili. A meno che non si faccia avanti qualcuno disposto a rilevare uno stabilimento Fiat e i suoi dipendenti.

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