Bengasi, proteste contro i salafiti in fiamme il quartier generale

Loading

TRIPOLI — In tutto il mondo islamico doveva essere un venerdì di proteste e assalti alle ambasciate di Francia e degli Stati Uniti. E sostanzialmente così è stato, con due differenze: innanzitutto dappertutto le proteste sono state controllate dalla polizia, con l’unica grave eccezione del Pakistan, dove negli scontri ci sono stati 19 morti. Ma la seconda importante novità  è che per la prima volta in Libia una folla musulmana è scesa in piazza per dimostrare solidarietà  all’America e addirittura per assaltare la caserma di Ansar Al Sharia, la milizia integralista che l’11 settembre ha attaccato il consolato Usa uccidendo l’ambasciatore Chris Stevens. Nella capitale della Cirenaica già  alle 5 del pomeriggio, nel venerdì di preghiera islamico, alcune migliaia di persone (30mila secondo la Reuters) erano scese in piazza in maniera pacifica per mostrare solidarietà  agli Usa che hanno aiutato il paese a liberarsi da Gheddafi. I giovani bengasini, organizzati dai partiti e dai movimenti che rappresentano la maggioranza dei libici, hanno gridato slogan contro gli integralisti che vogliono dirottare la rivoluzione islamica facendo del paese un nuovo Afghanistan. E soprattutto hanno invocato la chiusura di tutte le milizie che hanno preso in ostaggio la sicurezza del paese.
In serata però un corteo di alcune migliaia di giovani ha avuto il coraggio di spostarsi verso la caserma di Ansar Al Sharia. I miliziani islamici, vistisi circondati da una folla disarmata ma inferocita, hanno sparato in aria e sono fuggiti, lasciando campo libero ai filo-americani, che sono entrati e hanno messo a fuoco la caserma. L’edificio era un ex base militare di una delle milizie di Gheddafi a Bengasi, e al suo interno il dittatore si era fatto costruire una specie di tenda beduina in cemento armato.
Gridando slogan come “milizia armate fuori legge” e “il sangue dei martiri non è stato versato invano”, i giovani sono entrati nella caserma di Ansar, che già  nelle ultime ore aveva fatto partire dalla città  il grosso dei suoi capi militari e aveva spostato le sue “tecniche” equipaggiate con mitragliatrici .
Gli eventi di Bengasi hanno una loro dinamica tutta libica, ma sono un segnale forte nel giorno in cui – per il secondo venerdì di preghiera – gli estremisti islamici hanno mobilitato le piazze contro Usa e Francia per il film-anti Maometto e per le vignette di Charlie Hebdo. Questa volta a parte gli scontri in Pakistan e Bangladesh, l’azione preventiva della polizia in paesi come Egitto e Tunisia e la chiusura di molte sedi diplomatiche di Usa e Francia hanno ridotto l’effetto delle manifestazioni. Nella stessa Francia alcuni gruppi islamici estremisti avevano provato a manifestare, ma sono stati bloccati dal divieto imposto dal ministro dell’Interno. Ad accendere gli animi è stata invece la proposta della leader del Fronte nazionale, Marine Le Pen, che ha chiesto il divieto di indossare il velo islamico e la kippah ebraica nei luoghi pubblici, comprese le strade.
Uniche azioni violente di rilievo, quindi, nel Pakistan inquinato dai talebani: a Peshawar gli integralisti hanno cominciato assaltando due cinema, simboli del male. La folla ha cercato di raggiungere anche il consolato Usa, che protegge una guarnigione di agenti Cia. A Karachi gli assalitori hanno fatto quasi un centinaio di feriti nell’incendio di un altro simbolo del male, un ristorante Kentucky Fried Chicken, il fastfood del pollo fritto.


Related Articles

In Mali le cose si complicano?

Loading

In Mali le cose si complicano?

Continuano gli attacchi e gli attentati nelle città  già  liberate, mentre si teme che i ribelli abbiano armi sufficienti per continuare per anni la guerriglia

Blue Flag 2017. Italia-Israele, la «diplomazia dei caccia»

Loading

Poco prima della decisione di Trump su Gerusalemme capitale di Israele si è svolta la Blue Flag 2017, la più grande esercitazione internazionale di guerra aerea nella storia di Israele

Offensiva ’schiacciasassi’ di Ankara contro i kurdi

Loading

Turchia. Sono 162 i civili uccisi da agosto a sud est. L’ideologia della repressione di Erdogan detta le politiche regionali, dall’Anatolia alla siriana Rojava. Nel silenzio assordante della Nato e dell’Occidente

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment