by Sergio Segio | 8 Settembre 2012 5:47
ROMA — «Basta con la giungla delle staminali». Renato Balduzzi dopo le polemiche e gli scontri legati alla vicenda della piccola Celeste di rimettere in ordine un settore sul quale i pazienti ripongono enormi speranze ma che non è controllato a livello nazionale come altri, ad esempio quello dei trapianti. Il ministro parla con Repubblica
dopo aver creato un tavolo che raccoglierà tutti i dati sui vari progetti di ricerca e di cura con le staminali in Italia e un board di esperti. L’idea è quella di
arrivare ad un registro di tutti i trattamenti. «Non ci siamo mossi per ragioni burocratiche — spiega il ministro — Dobbiamo poter controllare cosa sta succedendo nei laboratori per dare maggiori garanzie ai pazienti. Va capita la reale efficacia delle terapie». Balduzzi non parla apertamente della vicenda della bimba malata di atrofia muscolare in cura a Brescia ma è ovvio che tutto parte da lì. Dal caso del pediatra Mario Andolina, che usa le preparazioni della Stamina foundation per curare la bambina, e che era stato fermato dopo un’ispezione dell’Aifa. Il tribunale del lavoro di Venezia (e quello di Catania per un’altra bimba) però ha detto che la terapia deve andare avanti. Di posizione opposta il Tar, che ha deciso sul altri pazienti in cura con lo stesso medico.
«Il nostro tavolo vuole favorire un coordinamento tra tutti coloro che si occupano di staminali. C’è bisogno di regole altrimenti si illudono le persone, spesso quelle nelle condizioni più critiche. Addirittura si rischia di danneggiarle, magari lasciando una terapia già testata per procedere a quella a base di quel tipo di cellule. Allora è necessario riunire i risultati delle sperimentazioni in atto per capire quali siano le reali potenzialità delle terapie». Le prospettive, lo dicono da anni gli scienziati, sono però di grande efficacia. «Essendo un settore di frontiera, che coinvolge sia aspetti legati alla sperimentazione e registrazione dei farmaci che dei trapianti, abbiamo fatto un gruppo composto da tecnici che si occupano di questi settori — dice sempre Balduzzi — Abbiamo bisogno di una struttura di riferimento nata apposta per le staminali, proprio come esiste, ad esempio, per la donazione del sangue. Il quel campo si ha costantemente sotto controllo la situazione delle trasfusioni. Per non parlare del settore dei trapianti. Inoltre vanno valutati i risultati degli studi portati avanti nel nostro paese».
Sul caso della bambina ha deciso la magistratura. Secondo molti la necessità dell’intervento di un giudice è stata una sconfitta per il sistema sanitario. «La magistratura è un presidio indispensabile di legalità e diritto e non commento il suo operato — spiega Balduzzi — Dico che in questi casi sono importanti i consulenti tecnici che il giudice si sceglie per valutare la questione, perché devono portare la loro visione scientifica». Il riferimento sembrerebbe essere alla decisione del magistrato di Venezia di non interpellare l’Istituto superiore di sanità per valutare il caso di Celeste. Secondo il massimo organo tecnico sanitario italiano il lavoro della Stamina foundation presenta molti punti oscuri. Addirittura, è stato scritto in una relazione dell’inizio di agosto, non è nemmeno certo che nel farmaco iniettato alla piccola ci fossero davvero staminali.
Nel tavolo voluto da Balduzzi ci sono tecnici del ministero, del-l’Aifa, dell’Istituto superiore di sanità e del Centro nazionale trapianti.
Lo scopo, spiegano dal ministero, è quello di «raccogliere dati e informazioni relativi alle patologie trattate, le tipologie di tessuti e cellule utilizzate, il numero di pazienti e gli effetti dei trattamenti». Accanto ai tecnici è stato costituito un “board di saggi” con Angelo Vescovi, direttore del Centro europeo di ricerca sulle staminali di Terni, il genetista Bruno Dalla Piccola, direttore scientifico del Bambin Gesù di Roma, Rosaria Giordano, direttore tecnico della Cell-factory del policlinico di Milano, Massimo Dominici, responsabile del laboratorio di biologia cellulare dell’azienda ospedaliera di Modena e Reggio Emilia e Alessandro Rambaldi, direttore dell’ematologia degli Ospedali riuniti di Bergamo. In serata il ministro è intervenuto anche sul decreto sanità appena approvato dal Consiglio dei ministri: «Il decreto entrerà nel Patto della salute, aprendo così al massimo confronto con le Regioni. È un impegno che mi sento di prendere come ministro per la Salute e ne trarrò ne conseguenze ove non vi fossero le condizioni», ha detto.
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