Alcoa, l’azienda dice no

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ROMA. Se subito dopo l’incontro al ministero dello Sviluppo piccoli spiragli si erano aperti per il futuro dell’Alcoa, in serata le speranze si sono spente con il rifiuto dell’azienda americana, proprietaria dello stabilimento di Portovesme, di prorogare la chiusura come chiesto dalla regione Sardegna. Già  dopodomani, lunedì, sarà  dato il via allo spegnimento. Per la multinazionale svizzera Glencore, che nell’incotro di ieri ha confermato il proprio interesse all’acquisto – senza però nessun impegno scritto – è sicuramente un deterrente. Entro una settimana prenderanno una decisione. Dal ministero dello Sviluppo, dove era incorso il vertice – con il ministro Passera, il sottosegretario Claudio De Vincenti, il governatore sardo Cappellacci e il presidente della provincia Carbonia Iglesias, Salvatore Cherchi – fanno sapere che comunque «si valutano anche altri possibili investitori». Se ne parlerà  ancora a Roma il 5 settembre. Per quella data, promettono, torneranno nella capitale gli operai dell’Alcoa che ieri, sotto il ministero, hanno fatto sentire le loro ragioni al ritmo dei caschetti sbattuti per terra, mentre un gruppo si arrampicava sul cancello dell’edificio. Due «blitz» a Piazza Montecitorio e nella Fontana di Trevi, con un bagno alla Anita Ekberg, ma in tuta blu, per poi ripartire per la Sardegna e tentare di scongiurare la chiusura. Il sottosegretario De Vincenti ha provato a rassicurarli: «Oggi abbiamo continuato a lavorare per mettere in sicurezza i lavoratori e i loro redditi, garantendo la cassa integrazione ove, speriamo di no, dovesse esserci la chiusura e una maggiore tutela del reddito per i lavoratori dell’indotto». Intanto a Portovesme un precario si arrampicava su un silos alto 40 metri. L’intenzione della multinazionale americana dell’alluminio, dunque, rimane quella di cominciare a disattivare le celle dell’impianto a partire da lunedì, come esplicitato ieri in serata di fronte a Cappellacci che aveva chiesto il rinvio di una settimana in attesa del prossimo incontro al ministero. La chiusura, per quanto progressiva e della durata di qualche mese, rappresenterebbe un grosso freno a un possibile riavvio con un nuovo soggetto, in quanto riaccendere le celle comporta costi molto alti. Ed è proprio per questa ragione che la Glencore non ha firmato un impegno scritto. L’impegno scritto, con una specifica lettera di intenti, è necessario infatti per evitare l’avvio dello spegnimento delle celle: lo prevede un accordo siglato al ministero il 27 marzo scorso. La Glencore aveva manifestato il proprio interesse per rilevare lo stabilimento di Portovesme già  qualche mese fa, ma l’Alcoa aveva deciso di trattare piuttosto con il fondo finanziario tedesco Aurelius, negoziato finito in un binario morto. In quell’occasione, la Glencore aveva richiesto un prezzo dell’energia inferiore a quello pagato attualmente dall’Alcoa; aveva inoltre ipotizzato ben 300 esuberi, cioè 200 tra i dipendenti diretti e 100 tra gli indiretti. Circa un quarto della forza lavoro interessata all’impianto: oltre 1200 persone, di cui fanno parte i lavoratori diretti (502), quelli degli appalti (300-350 persone), e quelli dell’indotto. Adesso bisognerà  capire quali saranno le intenzioni del colosso americano dell’alluminio in conseguenza della nuova manifestazione di interesse: Glencore ha preso 7 giorni proprio per «valutare il contesto», spiega il ministero dello Sviluppo in una nota, e cioè «il costo dell’energia, le condizioni infrastrutturali e ambientali». Il costo dell’energia elettrica è una condizione di competitività  fondamentale: già  nel 2010 il governo Berlusconi, con l’avallo dell’Unione europea, aveva varato un decreto «salva-Alcoa», che prevedeva la possibilità  di godere di tariffe agevolate Enel per gli stabilimenti in Sardegna e in Sicilia. Ora si sta lavorando per una proroga degli sconti: uscendo dall’incontro al ministero, il presidente della regione Sardegna Cappellacci ha spiegato che è allo studio «una proroga di tre anni della superinterrompibilità  e la possibilità  di accedere a un altro regime agevolato di sei anni più sei». «Dall’Europa arrivano segnali positivi – ha concluso – in questo modo potremo dare all’azienda una prospettiva di 15 anni». Quanto ai lavoratori, hanno espresso delusione per l’andamento della trattativa. Lo stesso sentimento è stato manifestato dai sindacati. Fim, Fiom e Uilm chiedono infatti che le celle non vengano spente, in attesa che si prendano decisioni sugli sconti per l’energia elettrica e soprattutto che si facciano passi avanti con la Glencore o con qualche altro compratore. Anche dalla Provincia di Carbonia Iglesias arriva l’appello a «rinviare lo spegnimento». Il presidente Salvatore Cherchi spiega che «dopo l’incontro bisogna essere estremamente prudenti sulle intenzioni della Glencore, ma le premesse ci sono. La multinazionale svizzera – continua – si è presentata motivata e con una delegazione qualificata, e questo è un buon segno. Sempre a Portovesme, Glencore possiede un impianto per piombo e zinco e ha azioni dell’Eurallumina: acquistare l’Alcoa le permetterebbe di allestire un grande complesso metallurgico con interessanti economie di scala».


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