Vendola sceglie il Pd e critica Di Pietro: correrò alle primarie

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ROMA — Prima incontra Pier Luigi Bersani, col quale stringe definitivamente i bulloni dell’alleanza col Pd. Poi lascia agli atti un’apertura all’Udc di Pier Ferdinando Casini, che rettifica parzialmente dopo che sul Web va in scena la rivolta della base di Sel. Quindi sbarra la strada ad Antonio Di Pietro. E infine, nel bel mezzo di una conferenza stampa convocata nel primo pomeriggio al quartier generale del suo partito, dà  l’annuncio: «Ho deciso di candidarmi alle primarie del centrosinistra».
Nel giro di pochissime ore, e con sole quattro mosse, Nichi Vendola definisce l’orizzonte di Sinistra e libertà . E anche quello suo personale. Oltre a ufficializzare il varo dell’«alleanza tra progressisti» che battezza — salvo poi derubricarla a una battuta — nel nome di «polo della speranza».
Il tassello principale del «patto» viene apposto nel faccia a faccia mattutino col leader del Pd. Bersani, che nelle ultime settimane ha intensificato i contatti con Vendola, sa da giorni dell’intenzione di «Nichi» di candidarsi alle primarie per la premiership. E la mossa, soprattutto nella tempistica, è stata addirittura concordata. Infatti a Pier Luigi va bene così, visto che la sua priorità  era aprire all’Udc e sciogliere ogni riserva sul varo dell’alleanza tra progressisti e moderati. Un’alleanza che, ormai, sembra non contemplare più Di Pietro. 
«Tonino» è uno degli argomenti chiave del vertice. L’ex pm, nella versione di Bersani, è un uomo che «ha scelto un’altra strada». In quella di Vendola, che nel pomeriggio criticherà  i suoi «calci negli stinchi all’arbitro» (leggasi Napolitano) paragonandoli ai modi «di Berlusconi», è un politico che rischia di finire «alla deriva» a causa del suo «propagandismo esagerato». Ma non è soltanto una questione di modi o di toni. I leader di Pd e Sel, infatti, fanno i conti con la scissione che presto potrebbe portare alcuni dipietristi fuori dai confini dell’Idv. E ascoltano entrambi il resoconto del bersaniano Maurizio Migliavacca, che negli ultimi giorni ha parlato con molti di loro. A cominciare da Massimo Donadi, che dopo l’ufficializzazione del patto Bersani-Vendola manda a Di Pietro un messaggio che sa di aut aut. O l’ex pm chiede immediatamente un incontro con Pd e Sel, oppure convoca «con urgenza» l’esecutivo del partito.
Di Pietro, che fino a pochi giorni fa proponeva a Vendola un accordo dei «non allineati», sa di aver perso una sponda. Forse l’unica. Ed è furibondo col governatore pugliese. «Se rompe con l’Idv rompe anche con le battaglie in difesa dei lavoratori», gli manda a dire. «E se pensa di fare a meno dell’Idv», aggiunge, «vuol dire che pensa di fare a meno anche dei suoi elettori».
Troppo tardi. La rotta di Vendola è già  tracciata. Ed è una rotta in cui ci sono l’alleanza col Pd e con la lista civica nazionale che presto sarà  lanciata da alcuni sindaci di centrosinistra. Più l’attesa che si materializzi la scissione dell’Idv. Senza dimenticare che, al contrario di quanto avverrà  con Gianfranco Fini, il dialogo con Casini per la costruzione della «coalizione della speranza e del futuro» è possibile. «Nessuna svolta», però, avverte il governatore pugliese dopo la rivolta della base di Sel alla notizia dell’accordo con l’Udc. L’unica svolta — anzi, come dice lui, l’unica «notizia» — è la candidatura alle primarie. «Lo faccio sulla base di una spinta larga, che non viene solo da parte del mio partito», scandisce. La sua discesa in campo può favorire Matteo Renzi? «A dire il vero non sono molto preoccupato», risponde sorridendo. Non lo è neanche Bersani. Che infatti recita il canovaccio concordato con «Nichi» alla perfezione. «Vendola? Sono contento che si candidi».


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