TU CHIAMALE SE VUOI PERCEZIONI, OLTRE LA VISTA E L’OLFATTO I SENSI SONO ALMENO DIECI

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Dunque, la classificazione era completamente sbagliata, e va relegata tra le ingenuità  prescientifiche. Diverso è il caso dei cinque sensi, perché basta un po’ di introspezione per accorgersi che la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto e il tatto costituiscono “le porte della percezione”: le stesse che ispirarono a William Blake un verso del
Matrimonio del Paradiso e dell’Inferno, che diede il titolo a un libro di Aldous Huxley sulle droghe, e ai Doors il nome del loro gruppo musicale. Secondo il poeta, «se le porte della percezione si sgombrassero, tutto apparirebbe all’uomo com’è: infinito». Ma fino a quando le porte rimangono ingombre, lo scienziato dovrà  limitarsi a dire che i sensi costituiscono gli strumenti che permettono di trasformare gli stimoli fisici esterni in sensazioni fisiologiche interne, che vengono poi elaborate dal cervello in
percezioni mentali. E proprio alla descrizione di questi tre aspetti dell’interazione fra natura e uomo è dedicato il recente Un tour dei sensi. Come il cervello interpreta il mondo di John Henshaw, non ancora tradotto in italiano (John Hopkins University Press, 2012).
L’obiettivo dell’autore, che di professione è un ingegnere meccanico, è duplice. Da un lato, parlare appunto dei sensi in maniera scientifica, e non umanistica: concentrandosi, cioè, sulle particolarità  fisiche, chimiche e neurofisiologiche della sensazione e della percezione, più che sulle generalità  letterarie e sociologiche del cosiddetto “impero dei sensi”. E, dall’altro lato, sottolineare che, al pari della lista classica degli elementi, anche la lista classica dei sensi è drasticamente sottodimensionata, e va almeno raddoppiata. Il libro classifica i sensi in base alla loro natura: ad esempio, il tatto e l’udito sono meccanici, la vista elettromagnetica e l’olfatto e il gusto chimici. L’udito ci permette di percepire una grande porzione del mondo acustico: la decina di ottave dello spettro del suono udibile, appunto, fra gli infrasuoni e gli ultrasuoni. La vista, invece, soltanto una piccola porzione del mondo elettromagnetico: l’ottava dello spettro della luce visibile, fra l’infrarosso
e l’ultravioletto (il motivo è semplice: noi discendiamo da esseri acquatici, e l’acqua assorbe le altre lunghezze d’onda). Con 100 milioni di recettori visivi possiamo però discernere 10 milioni di colori, a fronte dei soli 10.000 odori che ci fornisce l’olfatto, con i suoi 3 milioni di recettori. Quanto al gusto, il suo mezzo milione di recettori ci permette di distinguere cinque o sei gradazioni: dolce, amaro, salato, aspro o acido, saporito o umami, e grasso. Superando la limitazione classica dei cinque sensi, il miglior candidato alla qualifica di “sesto senso” è certamente l’equilibrio. Il motivo per cui esso è sfuggito all’attenzione degli antichi, è che i suoi organi sono interni. Si trovano infatti nel labirinto di ciascun orecchio: di qui il termine di “labirintite” per la loro disfunzione. Questi organi consistono di un sistema vestibolare formato da tre canali semicircolari, e da due organi otolitici: l’utricolo e il sacculo. I canali semicircolari sono disposti in direzioni perpendico-lari, come i tre assi cartesiani, e rilevano le accelerazioni rotazionali provocate dai movimenti della testa attorno al perno del collo. Gli organi otolitici rilevano invece, tramite il movimento di sassolini di ossalato di calcio chiamati appunto otoliti, le accelerazioni lineari provocate dai movimenti avanti e indietro, o a destra e sinistra, del corpo. Per i movimenti in alto e in basso sia-
ovviamente meno attrezzati, come dimostrano le tempeste sensoriali ed emotive provocate dalle montagne russe o dai salti nel vuoto.
Altri due sensi sono mimetizzati nei recettori della pelle, alla quale in genere noi attribuiamo soltanto il tatto. In realtà , un momento di riflessione ci conferma che essa trasmette anche le sensazioni di temperaturae di dolore, che si percepiscono attraverso termocettori e nocicettori, consistenti sostanzialmente di nervi scoperti. I primi forniscono le sensazioni di freddo, tiepido e caldo. I secondi sono invece responsabili della percezione di due tipi di dolore: acuto e localizzato, oppure sordo e diffuso. E si trovano non soltanto sulla pelle, ma anche nei muscoli, nelle articolazioni e nelle viscere, benché non nel cervello.
Nonostante la sua spiacevolezza, il dolore è ovviamente un importante meccanismo di allerta e difesa, che permette di identificare ed evitare situazioni potenzialmente pericolose. Ad esempio, quando la sensazione di temperatura supera o una certa soglia di freddo o di caldo, agli estremi di un intervallo compreso all’incirca fra i 15 e i 45 gradi, i nocicettori attivano appunto una reazione dolorosa che ci spinge ad allontanarci dalla sorgente.
Un altro senso è nascosto invece nei recettori della lingua. Si chiama genericamente senso chimico comune, ed entra in funzione quando abbiamo a che fare con il peperoncino, il mentolo o l’ammoniaca. Che qui non siano propriamente in funzione né il gusto, né l’olfatto, lo dimostra il fatto che usiamo istintivamente termini legati alla temperatura, dicendo che il peperoncino “brucia”, mentre il mentolo è “fresco”.
C’è infine, benché la cosa sia un po’ meno immediata da notare, la cosiddetta propriocezione.
È a questo senso nascosto che dobbiamo la percezione del nostro corpo, tramite dei propriocettori dislocati in punti nevralgici. In particolare, i fusi neuromuscolari rilevano le contrazioni dei muscoli. I sensori delle capsule articolari gli spostamenti dei segmenti ossei. E gli organi del Golgi la tensione dei tendini, per rilassarli e inibirne l’uso quando questa supera un livello di guardia.
La nostra lista dei sensi ha dunque ormai raddoppiato quella classica. Volendo, però, potremmo continuare, perché neppure essa è esaustiva. Ad esempio, il sistema vascolare possiede barorecettori e osmorecettori, che registrano le variazioni di pressione e di fluidità  del sangue, e contribuiscono alla regolazione dell’omeotermia: cioè, al mantenimento di una temperatura costante. Quanto all’attrazione sessuale, uno specifico organo sensibile ai feromoni è posseduto non solo da molti animali, nel naso o vicino ad esso, ma anche dai feti umani, benché si atrofizzi nell’infanzia: i feromoni continuano però ad essere percepiti, principalmente attraverso l’olfatto, nell’odore naturale della pelle e nei prodotti cosmetici artificiali. A proposito di animali, per la lista dei loro sensi ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta. I pipistrelli, i delfini e i capodogli si orientano per ecolocazione, sfruttando l’eco di ultrasuoni che emettono: per i primi si tratta di un’estensione dell’udito, per i secondi di un senso alternativo situato nelle mascelle e sulla fronte. Gli squali, le anguille elettriche e gli ornitorinchi sono forniti di un sistema di elettrolocazione per il rilevamento di campi elettrici, situato sottopelle nella testa, sui fianchi o nel becco. Le api, i piccioni e i salmoni, di un analogo sistema di magnetolocazione
per i campi magnetici. Le stesse api percepiscono l’ultravioletto, con un’estensione della vista. Alcuni serpenti, l’infrarosso, con un recettore specifico piazzato in una fossetta sul capo. E il narvalo, addirittura la salinità  dell’acqua, tramite la sua lunga zanna. Ma da qualche parte bisogna pur fermarsi.
Henshaw decide di farlo ricordandoci che i sensi si sono sviluppati per permetterci di affrontare al meglio le situazioni naturali, e non per essere violentati al peggio da quelle innaturali che ci bombardano nella vita moderna. E ci ammonisce che, per ritrovare la pace dei sensi, occorrerà  prima o poi oscurare le pervasive immagini dei
videoclip, silenziare gli ossessivi rumori della muzak, eliminare gli onnipresenti miasmi della pollution, bandire i malsani cibi di plastica dei fast food,
e farla finita con tutte le altre inciviltà  che attentano all’incolumità  non solo della vista, dell’udito, dell’olfatto e del gusto, ma anche e soprattutto del buon gusto e del
buon senso.


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